OK. Ritorno su questi punti con argomenti un po' più precisi.
gvnn64 ha scritto:
Il motivo, anzi i motivi (almeno due) sono presto detti: e si tratta sempre di una questione di S/N:
1) quando esegui un'immagine CCD, per registrare le sorgenti più deboli, devi superare una certa soglia critica, altrimenti i fotoni della sorgente debole si perdono nel rumore e non vengono registrati in maniera statisticamente significativa dal fotosensore. Perciò se io faccio una posa singola da 60 secondi, riesco a raggiungere un certo S/N sulle sorgenti deboli, mentre se faccio una posa più lunga, mettiamo di 10 minuti, miglioro il S/N della medesima sorgente debole in ragione di n^0.5, ovvero di un fattore 3,2 circa (trattandosi di un rumore causale). L'effetto pratico, è che per le sorgenti più deboli io potrei potenzialmente sommare n pose da 60 sec, ma non riuscire ancora a raggiungere la soglia minima di dettezzione sul fotosensore, quindi quella sorgente NON la vedo, stop.
2) il redout noise: questo rumore è una delle sorgenti principali di rumore nelle riprese CCD. Si registra ad ogni scarico dell'immagine, ed è un rumore casuale. Ragion per cui, fare 100 pose da 60 secondi NON è affatto equivalente a farne, per esempio, 1 da 100 minuti (nel primo caso il contributo del redout noise esce 100 volte, nel secondo caso una soltanto). Perciò, da questo punto di vista, il S/N di 100 pose da 1 minuto è significativamente inferiore rispetto a quello di una singola posa di 100 minuti.
OK, adesso tocca a te spiegare perchè 100 pose da 1 minuto sarebbero equivalenti ad una singola posa da 100 minuti.
ras-algehu ha scritto:
... te l'ho detto visto che ti piace tanto leggere fatti una cultura su siti dove ci sono riviste professiuonali e poi, quando saprai qualcosa, ne riparliamo.
Quando vuoi le cose le trovi, vatti a cercare Sub-exposure time and signal-to-noise considerations di John C. Smith.
Comincio intanto con far osservare a Ras che è alquanto ingeneroso e anche un po' offensivo. Non avrò mai fatto fotografie, ma ho esperienza in attività sperimentale di tipo professionale e un CCD altro non è che un sistema di misura (della luce). Quindi ho ben chiaro come funziona. Ho avuto a che fare con problemi di misura molto simili (e tanto per la cronaca recentemente abbiamo misurato lo spostamento di un pendolo con la precision di 0.1 A (un decimo di atomo)).
Io avevo fatto dei calcoli simili a quelli di Smith. Uso i miei simboli. Partiamo dal rapporto fra segnale e rumore:

Questa è praticamente la stessa formula di Smith, dove Q è l'efficienza quantica del sensore, P il flusso di fotoni sul pixel (Eobj secondo Smith), B il flusso di fotoni del fondo cielo (Esky), t il tempo di esposizione, Dc la corrente di dark (Smith presume che sia trascurabile), R il rumore di lettura.
Giocando un po' con i numeri è possibile rappresentare graficamente il rapporto s/n. Prendiamo a puro titolo esemplificativo Q=0.5 (efficienza quantica), P = 5 fotoni al secondo, B = P (cioè cielo di intensità paragonabile all'oggetto), Dc = 0.3 elettroni al secondo, R = 13.5 elettroni.
Prima di fare il grafico dobbiamo calcolare il tempo massimo di esposizione. Immaginiamo di voler raggiungere il livello di 10 000 elettroni (a titolo di esempio). Il tempo necessario è T = 10000/(P+B)/Q = 2000 secondi. Il grafico che segue mostra il rapporto s/n calcolato per tempi di esposizione t che vanno da 0.01 T a T.

In effetti, dato che il numeratore della formula precedente (che rappresenta il segnale) cresce linearmente con il tempo di esposizione, mentre il denominatore (che rappresenta il rumore totale) cresce secondo la radice quadrata del tempo, più tempo si usa e meglio è. Ovviamente fino al raggiungimento del tempo massimo T.
Perfetto? Tutto chiaro? Allora è vero che non è la stessa cosa dividere l'esposizione in parti? No. Per due motivi:
a) è vero che riducendo il tempo di esposizione il rapporto s/n peggiora, ma nello stesso tempo si possono raccogliere più immagini che possono essere combinate con tecniche abbastanza avanzate di stima e reiezione degli outlier. Questo punto è trattato da Smit e non lo approfondisco per ora.
b) un conto è ridurre il tempo
sullo stesso telescopio altro è ridurre il tempo di esposizione
in combinazione con un aumento di apertura. Questo è proprio il caso che ci interessa. Per esempio un 24" ha una apertura 3 volte maggiore di un 8 pollici. Questo significa che, a parità di scala immagine, i flussi P e B saranno 9 volte superiori per un telescopio di apertura tripla. Non solo, ma il tempo per !riempire" il CCD è ridotto di un fattore 9 a 222.2 secondi.

Se allora facciamo il grafico dei due telescopi a confronto otteniamo un risultato diverso: il telescopio grande satura prima del piccolo (e quindi ha naturalmente bisogno di tempi più piccoli). Inoltre, l'importanza relativa della corrente di Dark diminuisce e abbiamo così un altro piccolo vantaggio.
Di fatto otteniamo lo stesso rapporto segnale rumore in un decimo del tempo. Possiamo anche osservare che per una esposizione di "soli" 20 secondi la grande apertura (in questo esempio) produce un s/n di circa 12 (contro 1.5 del piccolo). Ma di scatti da 20 secondi, in 2000 secondi, ce ne stanno 100, che combinandoli assieme innalzano il rapporto s/n di un fattore dieci a circa 120, cioè quasi il triplo della piccola apertura con esposizione singola di 2000 secondi.
PS N.B. so usando la stessa "teoria" che mi è stato consigliato di approfondire prima di parlare. Sarei alquanto sorpreso di scoprire che andava bene quando era utile per confutare le mie idee e ora invece non vada più bene perchè "la pratica è diversa". Allora non si doveva chiamarla in causa prima.
Infatti quello che è chiaro leggendo tutto l'articolo (e qui finisco davvero l'intrventi) e che proprio la somma di n immagini NON potrà mai sostituire la somma singola.
Se non credi, montatuire altazimutali a parte, guarda come mai gli astronomi non fanno esposizioini corte e ne sommono a migliaia, sarebbe più comodo e spenderebbero meno in montature molto costose e non sempre facili da gestire.