Bravo Puspo! Mi sembrava strano non averti ancora letto...
Comunque é bene che chiunque cominci a conoscere la normativa, a leggerla, a studiarla, a maneggiarla, ad adoperarla in prima persona, in modo da comprenderne limiti e pregi, capire come utilizzarla, conoscere nella pratica come si fa....
Dobbiamo estendere questi "saperi", sia sul piano teorico che sul piano pratico. Ogni nuovo cittadino cosciente ed "esperto" é volano per altri cento...
Quindi credo che sia assolutamente opportuno continuare ad illustrare passo passo, qua ed altrove, eventuali aspetti del problema, della normativa e di cosa all'atto pratico é possibile fare.
Algol in particolare mi ha illustrato in privato alcuni particolari e posto alcuni quesiti. Come già a lui in privato, credo che sia assolutamente opportuno affrontare queste tematiche in "pubblico", poiché non c'é nulla di misterioso, né di vietato, né di particolare in quanto andiamo discutendo, ma, invece, é utile, civile e proficuo. I diritti ed i doveri di ciascuno devono esser tutelati, dall'una e dall'altra parte. Ed innanzitutto esser conosciuti.
Credo infatti che dobbiamo utilizzare ogni spunto per creare similitudini e casistiche, in modo da tornate utili ad altri, che si spera diventino presto molti.
Inoltre un'analisi collettiva potrà tornare utile ad elaborare la migliore strategia possibile.
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Sicuramente, nella situazione concreta prospettatami, ad es., da Algol (punti luce a servizio delle aree esterne, al livello pianterreno, di proprietà dei vicini, in un contesto urbano di civile abitazione), non si arriverà affatto ad eliminare completamente le fonti luminose di disturbo all'osservazione astronomica, poiché ancora purtroppo non esiste un "diritto acquisito" al cielo buio ed alla possibilità di osservarlo in condizioni ottimali ogni volta che si voglia.
Ciò é un obiettivo estremamente ambizioso, ma non impossibile in un grado alto di civiltà giuridica, civile, sociale e dunque sostanziale.
Ma sicuramente dobbiamo porci l'obiettivo di verificare la rispondenza a norma delle fonti luminose che disturbano l'osservazione del cielo notturno di un cittadino, e quindi può darsi che le fonti di disturbo possano esser limitate,
mediante il corretto orientamento e la schermatura della dispersione oltre l'orizzontale e - se ricorre - mediante la limitazione dell'arco orario di accensione e/o del flusso luminoso prodotto.Nel caso di un normale giardino privato di civile abitazione, e di unità immobiliari confinanti, non vi é un'esatta specificazione da parte della L.R. Lombardia 17/2000, che norma in via generale anche per i "privati", ma non per casi singoli.
Nella pratica applicazione della citata normativa, il richiamo all'
uso "in sicurezza" di eventuali superfici illuminate può contrastare con quello, precipuamente introdotto da tale testo normativo, della limitazione (non sempre cogente, ma solo "auspicabile" e tendenziale)
dell'irradiazione oltre l' "orizzonte".
Quindi il concetto cardine su cui ci si deve battere é tale limitazione:
nessuna irradiazione oltre l'orizzontale , che - se fosse stata più correttamente precisata dal legislatore in valori oggettivi quantificabili - dovrebbe corrispondere ai fatidici 0 cd/klm a 90° ed oltre (zero candele per chilolumen a 90° rispetto alla direzione principale del flusso, ovvero la verticale. Direzione che nello spirito della norma L.R. 17/2000 é concepita "fra le righe", ma non disposta cogentemente, come tendenzialmente dall'alto verso il basso).
Purtroppo, in soldoni, siamo ancora soltanto all'art.1 - comma 2, della detta L.R. Lombardia 17/2000, che così recita:
"Articolo 1
(Finalità)
2. Ai fini della presente legge viene considerato inquinamento luminoso dell’atmosfera ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata e, in particolar modo, se orientata al di sopra della linea dell’orizzonte.(il neretto é mio).
Ciò nonostante, é possibile ed auspicabile rivendicare come diritto della persona (non ancora acquisito) quello all'osservazione del cielo buio senza fonti luminose di disturbo, e quindi - al fine di vederselo riconosciuto - avanzare specifica richiesta al proprietario della fonte di disturbo (e poi all'Autorità, se costui non concorda) di ricondurla entro i limiti sanciti dal principio giuridico introdotto dall'articolato surrichiamato:
nulla irradiato fuori delle aree strettamente da illuminare (quindi nulla al di fuori della proprietà a cui la fonte é asservita), e soprattutto nulla oltre "l'orizzonte".E' pur vero che alla norma speciale, il proprietario delle fonti luminose potrebbe opporre innanzitutto l'art. 844 CC, quello sulle "Immissioni":
"Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.(Sul concetto delle "immissioni" e sulla loro regolazione, vedasi ad esempio:
http://www.anaci-verona.net/images/docu ... ncetto.pdf)
Allegato:
Ma appunto l'originaria formulazione di tale principio del primo Codice, limitatamente alla prima parte del primo comma, é stata innovata e "mitigata" dall'affermazione dell'esistenza di una "normale tollerabilità" da non superarsi, e soprattutto dal "riguardo alla condizione dei luoghi". E visto che il secondo comma esplicitamente demanda al giudice naturale di "contemperare" esigenze e priorità, non può certo tale Autorità non tener conto della normativa speciale esistente in materia, costituita dalla L.R. 17/2000 e successive modificazioni ed integrazioni, ed in particolare delle finalità di tale norma, espresse nell'art. 1 prima riportato.
Quindi a mio giudizio può e deve esser portata alla valutazione del Giudice (o semplicemente "minacciato" di farlo, con riserva), innanzitutto la pretesa di vedersi riconosciuto il diritto del singolo a poter godere di un bene immateriale indisponibile, comune e non riproducibile, come il buio cielo.
Diritto disturbato ed inficiato dal comportamento di altri singoli che per propria mera e sola opportunità, vantaggio e godimento ritengono di poter abusare, deflorare e deperire tale bene comune naturale indisponibile.
E' altresì vero che tali comportamenti, purtroppo, socialmente ancora non sono di così totale riprovazione, anzi al contrario vengono considerati - pur senza esserlo veramente, a ben guardare - alla stregua di diritti acquisiti, poiché normalmente relazionati ad altri già sanciti, come ad es. quello alla salute ("non ci vedo, inciampo e mi faccio male"...), od all'integrità di cose e persone ("m'illumino per sicurezza antintrusione"), etc...
Tutti tali principi surrichiamati, pur se assolutamente indiscutibili, non possono però, e non devono, contrastare con altri principi, come appunto quello sancito dall'art. 1 comma 2 della L.R. 17/2000.
Se quindi il soggetto A non può impedire - a mente dell'art. 844 CC - l'immissione di luce nella sua proprietà, proveniente dal "fondo" del vicino, il soggetto B, quest'ultimo dovrà comunque aver "riguardo dei luoghi" nel produrre o provocare l'immissione, non potrà superare la "normale tollerabilità" della stessa e soprattutto dovrà uniformarsi - volente o nolente - ai dettami della legge speciale di
nessuna irradiazione "al di fuori delle aree a cui essa é dedicata" e soprattutto "oltre l'orizzonte" .
Affianco e come premessa a ciò, l'azione potrà partire anche dall'affermazione della pretesa al diritto immateriale al buio cielo come patrimonio naturale indisponibile e da tutelare, e di conseguenza al diritto di esser messo in condizioni di praticare la disciplina dell'osservazione astronomica, come libertà fondamentale della persona, accrescitiva della propria ed altrui individualità culturale e spirituale e come pratica socialmente utile ai fini del risparmio energetico, nonché di sviluppo e sostegno a particolari settori della vita economica e sociale (industria dell'ottica e della meccanica di precisione, impulso all'innovazione ed alla produzione nel settore illuminotecnico ed impiantistico) e quindi di vantaggio a tutta la collettività, in un momento delicato della vita del nostro Paese.