Mi pare che si stia facendo un po' di confusione su questa faccenda dei filtri fotometrici.
La premessa è che, per poter fare delle osservazioni il più possibile vicine ad un determinato standard fotometrico, un osservatore deve riuscire ad approssimare al meglio la risposta del suo treno ottico (telescopio+filtri+sensore) alle bande fotometriche di interesse. In particolare, l'accoppiata sensore+filtri è quella che normalmente gioca il ruolo primario. Non esiste una ricetta unica per poter fare ciò: la curva di risposta spettrale dei filtri è data, fondamentalmente, dai tipi di vetri impiegati per fare il sandwich, e dal loro spessore. Quindi non è possibile dire a priori che un filtro deve avere 5 o 7 o 50mm di spessore, per poter essere considerato idoneo (il riferimento che faceva Ras era per UNA ricetta, quella che venne usata per definire inizialmente quelle bande fotometriche, ma che ovviamente non è l'unica possibile). Per esempio: le bande UBV fotometriche di Johnson e Morgan vennero introdotte molti anni fa, ed erano definite su base operativa: vennero basate sulla risposta fornita da un determinato tubo fotomoltiplicatore, la gloriosa valvola 1P21 (allora i CCD manco esistevano) e certi tipi di vetri ottici (con i loro indici di rifrazione, spessore, colore, ecc.). Quando si è passati alla fotometria CCD, si è voluta mantenere le curve di risposta teorica delle bande fotometriche di interesse (in modo da poter produrre dati comparabili con quelli d'archivio), e si è cambiata necessariamente la ricetta dei vetri (tipo di materiale, spessore, ecc.) per fare in modo che con la nuova risposta spettrale dei CCD (sensibili maggiormente in R, piuttosto che in B od U come i fotomoltiplicatori di un tempo), la campana della banda fotometrica venisse rispettata il più possibile. D'altronde non può essere che così: cosa succederebbe se (come può accadere) quel determinato tipo di vetro usato per definire, ad esempio, la banda V, improvvisamente non venisse più prodotto? Mica si smette di fare fotometria in banda V! Piuttosto si cerca una combinazione di vetri/spessori alternativa, che riproduca ancora al meglio la banda fotometrica di interesse.
Quindi, non fatevi condizionare dal discorso dello spessore del sandwich. L'importante è che, alla fine della fiera, la curva di risposta del filtro (convoluta con quella del sensore) sia simile il più possibile a quella della banda fotometrica di riferimento (piccoli scarti residui si compensano con la calibrazione fotometrica successiva, che andrebbe fatta in ogni caso). Qualora ciò non fosse, si introducono degli scostamenti che possono o non possono essere compensati, a seconda del tipo di oggetto che vuoi studiare (per esempio se ha spettro continuo o con linee di emissione) e della precisione della misura che uno si prefigge. Ovviamente più un osservatore riesce a replicare con la sua strumentazione la curva di risposta teorica della banda fotometrica di interesse, meglio è (perchè si hanno minori correzioni da apportare in fase di analisi dei dati e, potenzialmente, una maggiore precisione della misura).
Personalmente uso i filtri fotometrici CCD della Schuler, che però non so se si trovano ancora in commercio. Il filtro V della Baader non lo conosco, per poter capire se può andare bene, bisognerebbe: 1) ricavarne la curva di risposta spettrale dal costruttore (qualore non fosse possibile calibrarlo spettrofotometricamente in proprio) 2) vedere come si combina con quella del sensore in uso, e come i due insieme approssimano la banda fotometrica di interesse
Ivaldo, visto che il filtro lo hai già ordinato, ora è facile: quando ti arriva, riprendi dei campi di calibrazione fotometrica, ti costrusci la curva di calibrazione del tuo set-up, e nel grafico vedi di quanto si discostano i tuoi valori sperimentali di V Vs. B-V, rispetto dalla retta teorica (valori di catalogo) V Vs. B-V.
Ma la domanda fondamentale sarebbe stata: a che tipo di misure fotometriche sei interessato? La cosa non è affatto secondaria, poichè in base al tipo di oggetto che vuoi studiare, ed alla precisione che ti prefiggi di ottenere, le cose possono cambiare in maniera apprezzabile (per esempio nella scelta dei filtri più idonei). Non solo, ma per certi tipi di studi, com'è già stato detto, in linea di principio puoi andare anche unfiltered. Dipende sempre da quello che vuoi fare...
Ciao, Giovanni Sostero
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