Mi sembra di tornare indietro di qualche anno, in altra salsa. Al tempo si diceva che in visuale era meglio una piccola apertura ma perfettissima. La giustificazione era che "il seeing" aveva le "celle" e che sopra la dimensione di quelle celle i telescopio veniva irrimediabilmente compromessi.
Poi si è capito che proprio così non è: un po' si è capito meglio il seeing, un po' si è capito che "non è tutto seeing quel che luccica" e che anzi, spessi in gran parte si tratta di problemi termici a qualche millimetro dalle superfici ottiche o a qualche centimetro o metro dal tubo.
Si sa, in visuale non ci sono prove e ciascuno può dire di avere visto "meglio". Mi sorprende però che questo argomento venga fuori nel campo fotografico, nono stante le prove siano letteralmente davanti agli occhi. Se guardiamo (per fare un esempio) una delle ormai tante foto in alta risoluzione come il transito di Io su Giove (parlo di Io non di Ganymede) credo che non ci dovrebbero essere dubbi: le foto mediamente migliori sono fatte da strumenti che mediamente hanno più apertura. Punto.
Io ho avuto un po' tutte le aperture, da 76 mm, fino a 600 m, e ho pure potuto osservare in un 800 mm in una notte di seeing appena decente
http://www.osservatoriodelcelado.net/ . Indovina indovina: la migliore vista in alta risoluzione di Giove è stata con l'80 cm, secondo il 60 cm, ecc ecc in perfetto ordine di apertura.
Certo, il visuale e la fotografia sono diversi, ma fino a un certo punto nel senso che ci sono diversi meccanismi di cui bisogna tenere conto per capire come si ottine una immagine e quale qualità si ottiene. Ma alcuni principi di fondo sono gli stessi:
1) L'ottica. Qua basta leggere un buon libro come il Suiter e alcuni principi dovrebbero essere chiari. La qualità di una immagine dipende da apertura e qualità ottica. Esattamente in questo ordine, nel senso che una volta che la qualità ottica supera uno dei criteri di diffrazione, diventa secondaria rispetto alla apertutra.
2) il Seeing. Anche qua le cose sono assai più complesse di quanto si pensi. Tipicamente, appena appena l'apertura diventa maggiore della scala della turbolenza (il famoso D/r0) il seeing diventa il fattore dominante. Ma questo non significa che con lo stesso seeing si ottengano gli stessi risultati indipendentemente dalla apertura (e dando per scontato una sufficiente qualità ottica). Uno dei capisaldi dello studio della interazione fra seeing e telescopi è il famoso studio di Fried (attenzione si parla del seeing vero: "non è tutto seeing quello che luccica"). Nel suo studio Fried esamina due casi estremi che sono acquisizioni "infinitamente lunghe" e "infinitamente brevi". Per farla breve, nel caso di tempi di acquisizione lunghi la risoluzione del telescopio raggiunge asintoticamente il valore del seeing (lambda/r0). Ma per esposizoni più brevi solo una parte del seeing danneggia l'immagine: questa parte ineliminabile del seeing è quella che va sotto il nome di componenti di "roughness" che vale circa un terzo del seeing complessivo. In una acquisizione di breve durata si "congela" il seeing nel senso che la parte di tilt (i due terzi) ha solo un effetto di traslazione della immagine che viene facilmente compensato sia dall'occhio sia dall'allineamento post ripresa. Inoltre, istante per istante, la componente di roughness stessa fluttua: ci sono così momenti in cui una immagine può essere diffraction limited per valori del diametro D molto maggiori di r0. Per esempio: quando D è circa 3.5 volte r0, il 100% delle immagini sono (rimosso il tilt) ancora diffraction limited
http://www.astrosurf.com/cavadore/optiq ... index.html . Questo significa che semplicemente rimuovendo il tilt (cosa che l'occhio sa fare bene e che un semplice riallinemaneto dei fotogrammi pure) si può sfruttare al 100% l'apertura del telescopio. Andando a cercare un seeing appena decente come r0=120 mm (non si trova in città ma non è difficile da trovare) significa che si può sfruttare al 100% ci circa 400 mm. Se poi accettiamo di scartare il 50% delle immagini (cosa che in visuale signific a pazientare e vedere bene per il 50% del tempo) allora possiamo sfruttare anche una apertura di 500 mm. Se poi ci si prende la briga di andare n qualche punto dal seeing buono se non ottimo, allora si capisce che anche aperture maggiori possono essere sfruttare. Qualcuno dirà che il seeing è sempre pessimo, lo sano tutti. Sarà... ma io posso fare un elenco di luoghi dove il seeing è buono: in aperta campagna in pianura Padana succede. Poi ci sono luoghi dove il seeing ottimo: Osservatorio del Celado (appena sopra l'altipiani di Asiago) seeing medio 0.8" FWHM (misurato). Altopinao di Folgaria idem, Monte Labbro idem, Tre Cime di Lavaredo da paura. E così chissà quanti altri luoghi esistono con seeing sub secondo d'arco (anche se non a livelli cileni).
3) Durata della acquisizione. Eh già, perchè i risultatio detti sopra si riferiscono al caso limite di Fried "infinitamente bevere". Ma quanto breve è infinitamente breve? E qua entra in gioco un altro parametro del seeing noto come Tempo di correlazione. Questo è il tempo in cui lo strato turbolento, trasportato dal vento, si sposta di una quantità pari alla dimensione r0. Facciamo un conto: se il seeing è 1" (r0=120mm) e il vento che trasporta lo strato turbolento ha velocità di 5 m/s, ci vuole circa 0.12/5 = 0.025s perchè il telescopio finisca per intercettare un fronte d'onda rinnovato. In 1/40 s la figura di diffrazione cambia. In realtà si può rilassare un po' questo requisito calcolando il tempo in cui il vento percorre il diametro del telescopio. Per un 30 cm a 5 m/s ci vuole 0.6/5= 0.06s = 1/16 secondo. E infatti in condizioni favorevoli si riesce ad occhio a seguire l'evoluzione delle piccole macchioline in cui si decompone la figura di diffrazione. Un po' come in questo filmato:
http://autocostruttori.blogspot.com/200 ... heric.html . L'occhio infatti ha un tempo di latenza di circa 1/25 di secondo e quindi in condizioni favorevoli è capace di congelare il seeing. Lo stesso potrebbe fare una videocamera che acquisisca a quella frequenza.
Se però il seeing è un po' peggio (diciamo r0=10 cm) e il vento è di 10 m/s, ecco che il tempo di correlazione divenat 1/100 di secondo. E' importante allora fare acquisizioni con tempi il più brevi possibile, perchpè altrimenti il seeing camnia durante la acquisizione. Visualmente non si vedono più le speckles ma le palline di polisitirolo, e lo stesso succederà nei fotogrammi se non sono di durata simile al tempo di latenza. Ed ecco allora un atro motivo per cui, a parità di condizioni, grosso è meglio: aumentando il diametro si potrà congelare meglio il seeing perchè sarà possibile a pari dimensione della immagina usare tempi di esposizione più brevi.