stefano.contadini ha scritto:
una richiesta ... ho visto molte risposte precise, oggettive ... non empiristiche, anzi, direi scientifiche ... ma riferite sempre al visuale c'è qualcuno che possa operare lo stesso tipo di analisi però riferito all'astrofotografia? mi sembra di capire che ciò che vale per uno non vale per l'altro campo applicativo ... perchè? e soprattutto come la turbolenza atmosferica condiziona la risoluzione nella ripresa digitale in rapporto al diametro usato o configurazione ottica adottata?
grazie!
Ciao,
provo a dare un contributo:
la variazione dell'indice di rifrazione nell'atmosfera può essere modellizzata con dei parametri tipici che sono una dimensione caratteristica ed un tempo caratteristico (od il suo inverso, detto frequenza di Greenwood).
Ora, per quanto riguarda l'acquisizione di immagini, si profilano due strade: integrazioni per un tempo inferiore all'inverso della freq. di Greenwood (short exposures) od integrazioni per un tempo superiore (long exposures). Nel caso dell'alta risoluzione si potrebbe stare al disotto del tempo caratteristico (la frequenza di Greenwood è tipicamente dell'ordine del KHz), mentre per le riprese deep sky si sta ampiamente al disopra.
In base a questa classificazione avremo che per pose brevi (nel senso detto prima), ogni esposizione integrerà un fronte d'onda che risulterà "quasi invariato" durante l'integrazione e si procederà al processamento delle immagini con vari algoritmi svilupppati ad hoc (ad esempio Lucy-Richardson mi pare).
Nel caso delle lunghe esposizioni, il fronte d'onda subirà notevoli variazioni durante l'integrazione (a questo punto dipende dalla dimensione caratteristica delle celle di turbolenza) e questo porterà ad un'immagine più o meno "distorta" rispetto all'immagine teorica (che dipende solo ed esclusivamente dalla geometria del sistema ottico - l'immagine di una sorgente puntiforme posta a distanza infinita porta a definire la PSF del sistema ottico, googleando troverai molte informazioni).
Per "rimediare" agli effetti del seeing si usano i sistemi ad ottica adattiva, che analizzano le variazioni istantanee del fronte d'onda, le scompongono in componenti "semplici da manipolare" e le correggono attraverso una "controcompensazione" effettuata attraverso specchi piani (per i primi 3 ordini lineari di distorsione del fronte d'onda) e specchi curvi deformabili (a volte possono anche essere formati da celle piane disposte a nido d'ape). Questo è quello che si usa a livello professionale per mitigare gli effetti del seeing.
Per noi esistono le "ottiche adattive" commerciali, ma visto che la frequenza caratteristica di variazione del fronte d'onda è dell'ordine del kHz, le due più note ottiche adattive in vendita non servono a granchè, perchè lavorano a qualche decina di Hz. Non ho detto che sono inutili, perchè non le ho mai provate (ma per adesso lo penso!).
Quindi, riassumendo (continuo a sperare di non aver fatto errori), per l'alta risoluzione il seeing può essere "congelato", espressione presa in prestito da qualcuno qui sul forum. Per le lunghe pose no, quindi sarebbe bene avere uno strumento che "veda attraverso le celle di turbolenza", ovvero dell'ordine di 200-250 mm, magari a lenti! (Tutto questo, ovviamente, IMHO

). Se si va al disopra si ottengono effetti diretti sulla risoluzione teorica, ma potrebbero non essere altrettanto diretti sulla qualità dell'immagine, che è subordinata al seeing (ed alla possibilità di compensarlo).
Emanuele.