Vi aggiorno sulle idee che mi sono fatto da questa discussione.
L'SQM è uno strumento attendibile, ma ha due limiti (non insormontabili)
1 - non stima l'assorbimento
2 - "comprime" in misura logaritmica le letture via via che si raggiunge la "zona interessante"
Sul primo punto, l'unica cosa che può tamponare un limite oggettivo è l'esperienza dell'osservatore, che può integrare le letture con osservazioni dirette... ma scivoliamo di nuovo nella soggettività.
In alternativa bisognerebbe riuscire a misurare parallelamente una sorgente "invariabile", tipo una stella brillante, ed usare quel dato per "calibrare" la lettura generale. Ora però mi domando se non si possa invece ricavare un valore di "contrasto" effettuando a breve distanza di tempo una misura sulla VL ed una fuori. Questo offrirebbe un valore di confronto "segnale-rumore" anche per gli oggetti non stellari (ma non avendo mai avuto in mano uno di questi apparecchietti non sono in grado di valutare la fattibilità della cosa...).
Perché il dato abbia un senso, però, bisognerebbe disporre dei valori assoluti di brillanza per le varie zone della VL, che sono relativamente disomogenee.
Uhm...
Sul secondo punto penso che ci sia poco da fare, se osservatori esperti affermano che un decimo di lettura è chiaramente avvertibile significa che l'occhio è già in grado di identificare un cielo buono da uno meno buono, l'unico utilizzo dell'SQM diventa la possibilità di confrontare "oggettivamente" siti diversi testati da osservatori diversi.
Prima dell'SQM non era possibile affermare che un sito del centro-sud fosse migliore o peggiore di uno alpino, se giudicati da osservatori diversi, adesso si può. Ma il problema dell'affastellarsi di misure via via più significative negli ultimi decimi della scala di lettura rimane.
Idealmente mi verrebbe da suggerire al fabbricante dell'SQM di inserire nel software una doppia modalità: lettura in "magnitudini" e "dato quantitativo grezzo" del numero di fotoni misurato. Forse in quel caso le differenze apparirebbero più evidenti (ma non so, magari il principio di funzionamento bypassa l'analisi quantitativa e si basa su un processo "a soglia", per cui quello che viene misurato è in realtà il tempo necessario all'accumulo di una quantità "x" di fotoni prefissata e non la quantità stessa... ma anche in questo caso il dato "grezzo" potrebbe rivelarsi più significativo di quello "normalizzato").
Sui "siti" il discorso si fa ancora più complesso, ma almeno si comincia a capirci qualcosa. Contano fattori come la prossimità alle luci cittadine e di paesi, la quota, l'umidità, l'orientamento della zona di cielo "migliore".
Per anni abbiamo ragionato molto grossolanamente in termini di "buono/no_buono", adesso siamo in grado di sceglierceli con maggior discernimento.
E al limite, che so?, magari provare a difenderli.
O scappare in Africa...
