Riccardo,
Quel binoscopio - e i binoscopi, in generale - funzionano. Ma qui, casomai, la questione è se funzionano ‘meglio’ di un telescopio.
Il fatto è che sono costruiti su un paradosso. Infatti i loro vantaggi sono/sarebbero essenzialmente tre:
a. l’effetto stereo (e, con esso, la visione naturale che si traduce in maggior nitidezza)
b. l’aumento di luminosità
c. la diminuzione della turbolenza
Come alcuni sanno bene, negli ultimi mesi mi sono cimentato a calcolare e mettere insieme prototipi di alcuni binoscopi; MA volevo degli strumenti a tutto campo, ossia non solo dei bei grandi binocoloni per il deep, ma anche da alta risluzione visuale. Le notizie su ciò sono scarse scarse scarse... Sono partito però positivo sull’idea che il binoscopio sarebbe stato una soluzione — parliamo, a lvello di prototipo, di accoppiare p.e. due rifrattori 108/1600, non proprio degli 8x30....
Dopo svariati calcoli e ripetuti test accurati ne è venuto fuori quanto segue:
a. l’effetto stereo, sugli oggetti astronomici, è virtualmente identico tra due telescopi accoppiati ed un telescopio con visore binoculare. In entrambi i casi si percepisce la medesima profondità (sono oggetti posti all’infinito: un palmo di differenza nella parallasse è trascurabile) e in entrambi i casi il cervello comincia a lavorare stereo e, quindi, a vedere meglio.
b. Per avere medesime performances, ovviamente il telescopio singolo deve avere superficie equivalente a quella dei due accoppiati (più, al limite, l’assorbimento della torretta). Parlo di Deep. Quindi, anche qui il vantaggio non esiste. Tanto più sui costi e sull’ingombro. Inoltre il telescopio singolo, quando vai su con gli ingrandimenti — ma quanto puoi andare su? ne parlo dopo — ha anche maggior risoluzione. E no, il binoscopio non si comporta come un telescopio che abbia un obiettivo grande come i lati estremi dei due ed una grande ostruzione centrale. E, anche se fosse, lavorare con quell’ostruzione sarebbe un delirio.
c. la diminuzione della turbolenza, com’è stato ricordato, proviene dal fatto che il cervello analizza due differenti fronti d’onda. Ecco, questo ‘sarebbe’ un indubbio vantaggio. Ma c’è un grande ‘però’. E forse anche una speranza di soluzione.
Il grande ‘però’, come ricordava Paolo, è la meccanica. Sì, perché di abbattere la turbolenza quando si fa deep, davvero non se ne sente il bisogno (almeno non a livello visuale a questi ingrandimenti). La cosa può avere senso in planetario. Sia chiaro, comunque, che il visore binoculare già funziona in questo senso. L’effetto è assai lieve, ma può essere sperimentato da chiunque. Il visore — parliamo di un eccellente visore che non introduca aberrazioni ma che addirittura possa eliminarne alcune [p.e. gli Zeiss/Baader Mark IV e V sono calcolati per fare ciò] — se usato in un treno ottico controllato a) aumenta la nitidezza, b) migliora la sferica, c) diminuisce la cromatica, d) diminuisce la ‘percezione’ di turbolenza (ancorché di pochissimo, i due occhi non vedono esattamente la stessa cosa — poi si può giocare con filtri differenti per ciascun occhio, oppure metterne uno nella porzione oculare che trasmette di più e nulla nell’altra, etc.).
Adesso il vero problema sono i binoscopi che circolano. Non ti sfugga a riguardo che, in tutto il pianeta, solo un pugno monco di costruttori ti garantiscono un perfetto (!) accoppiamento fino a ca... 100x...!!! Da cui capisci il problema. Due tubi, per essere perfettamente collimati come lo è una Signora Torretta Binoculare devono avere possibilità di regolazioni, tolleranze, etc. da delirio di onnipotenza. Su strumenti da 400-800x, una tale meccanica, com’è stato giustamente ricordato, arriva ad avere dei costi (per tacere degli ingombri e dei pesi) che, in proporzione, rendono del tutto trascurabile il costo dei due telescopi che vuoi accoppiare... e sto parlando di rifrattori... se la meccanica deve tenere insieme tutti i componenti di un Netwon o di un Cassegrain, addio...
E qui sta il paradosso. L’unico vero vantaggio teorico del binoscopio — significativo solo in alta risoluzione — risulta in pratica non utilizzabile (a meno di non togliere qualunque limite di spesa e difficoltà all’impresa). Gli altri vantaggi — significativi in deep — sono reduplicabili con torretta bino e diametro proporzionalmente maggiore.
Ecco, quindi, che se pensi di accoppiare p.e. due 4” APO per ottenere le performances di un 6” idem di pari focale (era una delle mie ipotesi), ti accorgi in breve di stare imboccando dritto dritto la via dell’Averno. Con tutto il fascino che i binoscopi possono trasmettere — ripeto, detto da uno che si *voleva* fare un bino planetario — la risposta sta comunque in un telescopio più grande (salvi i limiti atmosferici).
Per quanto riguarda ancora il punto c, un’altra soluzione (di compromesso) che sto esplorando è quella di avere una sorta di torretta-non-torretta [concetto imprestato ai vari oil-non-oil, tessuto-non-tessuto, et similia di cui la societa odierna ci bea...). Ossia di avere semplicemente una slitta, con due portaoculari driftabili e tiltabili, da mettere sulla culatta del telescopio, per vedere di riuscire ad intercettare e fondere due porzioni dei raggi trasmessi dallo stesso obiettivo che siano più distanti di quelli intercettati da un singolo fascio splittato. Non sarà mai come i due telescopi distinti, ma promette di essere meglio del bino. Forse per Natale avrò tempo di realizzarlo. Forse...
Ovviamente tale 'torretta-non-torretta' ti richiede un rifrattore che abbia un piano focale corretto di 4” belli e buoni. Altrimenti non si gioca...
Voilà. Binoscopi e motori: gioie e dolori...
