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Autore Messaggio
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: mercoledì 25 luglio 2007, 11:10 
Non connesso

Iscritto il: mercoledì 22 febbraio 2006, 16:20
Messaggi: 173
Località: Liguria
Eremita ha scritto:
L'HST per esempio, lascerà per sempre dietro di se una grande eredità di dati ed immagini straordinarie.
Come questa:

Immagine
Cygnus Loop Nebula

Un particolare straordinario del più vistoso tra i numerosissimi filamenti attorcigliati che compongono quella nebulosa, catturato dal vecchio ma sempre eccezionale HST.
Proprio parlando con un teorico del dubbio come te antares, bisogna ammettere che osservando così dettagliatamente certe formazioni di plasma nello spazio profondo, sorgono spontanei dei seri dubbi se possa essere davvero la sola debole forza di gravità a guidarne le dinamiche.


Si sentiva proprio la necessità delle tue "intelligenti provocazioni"!

Sulle forze che, oltre alla gravità, potrebbero (dovrebbero?) agire nel cosmo credo si possa aprire una bella discussione.

Frattanto, vado a cercarmi la foto di Hubble che hai postato per leggermi il commento (la press-release), che di solito contiene impagabili congetture! E poi magari vado a vedere se l'amico Thunder ci ha "ricamato" qualcosa sopra.
Tu intanto potresti approfondire la questione per gli altri amici del forum, che ne dici?

_________________
Dubitare giova alla Scienza


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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: giovedì 26 luglio 2007, 11:23 
Purtroppo oggi non ho il tempo necessario per approfondire il discorso come meriterebbe.
Cerco comunque di accogliere il tuo invito antares.
Dunque, diciamo che nella visione astrofisica convenzionale l'unica forza agente nell'universo su macroscala è considerata per essere quella gravitazionale, per cui ogni di aggregazione, formazione e dinamica nell'universo sarebbe guidata unicamente da questa forza. Ma nell'ultimo decennio i nuovi e straordinari mezzi tecnologici di cui si è potuto disporre ci hanno presentato un universo piuttosto differente da quello conosciuto in precedenza, spesso riservando notevoli sorprese agli scienziati. Quelle che una volta riprese da terra erano solo indistinte nebulosità possono ora essere risolte in una miriade di forme, colori assolutamente straordinarie, osservate in ogni frequenza elettromagnetica.
Quello che ho mostrato è solo uno degli innumerevoli esempi di cui disponiamo ora.
Il punto è che davanti a certe immagini vengono alla mente alcune teorie alternative che pongono all'origine di questi fenomeni non più la gravità, ma bensì le forze elettromagnetiche. Sappiamo che l'universo è composto per il 99% da plasma e le conoscenze attuali nel campo della fisica dei plasmi si sono rivelate molto coerenti con i fenomeni osservati. In molti casi possono spiegare fenomeni altrimenti inspiegabili senza il ricorso ad entità puramente matematiche, come materia oscura, buchi neri ecc. Tutte cose mai viste ne studiate in nessun laboratorio. La fisica del plasma invece può testare questi fenomeni direttamente ed essendo i fenomeni elettrci assolutamente scalabili, può applicarli per estrapolazione ai fenomeni su scala cosmica. Le omologie sono molte e calzanti, secondo tale teoria formazioni come quelle della CLN mostrata sopra, sono riconducibili alla presenza di correnti elettriche nello spazio profondo che agiscono e si spostano attraverso il plasma come canale preferenziale, guidando una serie di altri fenomeni fondamentali; dalla formazione elettrica di stelle e galssie tramite un effetto elettromagnetico definito di z-pinch, a fenomeni di fissione elettrica di stelle e pianeti gassosi, fino ai moti stessi di tutti gli oggetti cosmici. Per esempio una forma tipica di scorrimento delle correnti è quella a loop cioè attorcigliata, la stessa che possiamo vedere nell'immagine della nebulosa nel Cigno.
Insomma si tratta di una vera rivoluzione in campo astrofisico.
Questa è solo una rapida quanto incompleta occhiata alla teoria elettrica dell'universo, se sarà il caso in futuro ne possiamo approfondire alcuni aspetti fondamentali, con esempi particolareggiati.
A risentirci.


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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: mercoledì 5 dicembre 2007, 9:22 
Non connesso
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 17:12
Messaggi: 1764
Località: Torino
La strana coppia dei buchi neri

Già dal suo lancio, nel lontano luglio 1999, l’osservatorio per raggi X Chandra, insieme con i «colleghi»Hubble (il telescopio che «guarda» attraverso il visibile e il vicino infrarosso), Compton (tarato sui raggi gamma) e Spitzer (tarato invece sull’infrarosso), ha contribuito a ridisegnare l’Universo, individuando oggetti ed osservando fenomeni che talvolta hanno rivoluzionato conoscenze date ormai per assodate. Una delle più recenti scoperte di Chandra sono stati due buchi neri di natura stellare, la cui massa risulta essere notevolmente superiore a quanto finora previsto daimodelli che simulano le fasi finali delle stelle supergiganti.

La misurazione della massa di questi due oggetti collassati è stata possibile grazie al fatto che ambedue appartengono ad un sistema binario.Nel primo caso, il buco nero, noto come M33 X-7, orbita attorno ad una stella compagna, la cuimassa è pari a circa 70 volte quella del Sole e fa parte della galassia M33, distante da noi poco meno di 3 milioni di anni luce. E’ il buco nero di origine stellare più distante finora conosciuto.
Questo sistema binario è un’intensa sorgente di raggi X e la periodica scomparsa di questa emissione rilevata da Chandra, quando il buco nero che emette i raggi X dal suo disco di accrescimento viene occultato completamente dalla stella compagna, ha permesso di determinare il suo periodo orbitale attorno al baricentro del sistema (3,5 giorni) e, quindi, la suamassa, che è risultata pari a quasi 16 masse solari. Un valore enorme per un buco nero di tipo stellare.
Oggetti del genere, infatti, hanno origine quando una stella con massa pari ad alcune decine di volte quella del Sole alla fine del suo ciclo evolutivo collassa, esplodendo come supernova: è una fase in cui si verificano imponenti perdite di materiale, facendo sì che il buco nero finale raggiunga una massa il cui limite si pensava finora non potesse superare una decina dimasse solari: i modelli attuali che simulano l’evoluzione di stelle così massicce hanno molte difficoltà a produrre buchi neri con masse superiori a questo valore.
La distanza molto piccola che separa i due oggetti fa pensare che il sistema abbia attraversato in tempi relativamente recenti una violenta fase evolutiva, denominata «fase di inviluppo comune», in cui una stella alla fine dei suoi giorni espelle una grande quantità di materia, tale da avvolgere la compagna nei gas da essa emessi. Un sistema del genere, tipicamente, è soggetto ad un’enorme perdita di massa, a seguito della quale non dovrebbe permettere alla stella progenitrice di dare vita a un buco nero di circa 16 masse solari. In definitiva, la perdita di gas avrebbe dovuto aver luogo con un tasso 10 volte inferiore a quello previsto dalle teorie attuali.

In casi del genere i risultati possono essere due: l’orbita delle due stelle si restringe sempre più, fino a quando i due oggetti si fondono tra di loro, oppure il processo di fusione non si verifica e dopo l’esplosione come supernova di uno dei due oggetti, che porta alla formazione di un buco nero, quest’ultimo inizia a «risucchiare» materia dalla stella compagna, allungandone così la vita (più la massa di una stella è grande tanto più breve è la sua vita). Il caso di M33 X-7 sarebbe il secondo.
La stella da cui ha avuto origine M33 X-7 avrebbe dovuto avere una massa superiore a quella dell’attuale compagna per poter formare un buco nero prima di essa. Alla fine, comunque, anche quest’ultima terminerà il suo ciclo evolutivo come supernova, con il risultato finale di avere una coppia di buchi neri che orbitano attorno al comune centro di massa.

Ma le sorprese non sono finite qui. Chandra, poco tempo dopo, ha scoperto un secondo sistema binario analogo al precedente, dove la massa del buco nero risulta avere un valore ancora superiore, compreso tra 24 e 33 volte quello del Sole. La strana coppia è localizzata nella vicina galassia nana IC 10, che si trova da noi ad una distanza di circa 2,2 milioni di anni luce in direzione della costellazione di Cassiopea.
Queste recenti scoperte di Chandra obbligheranno quindi a rivedere i modelli che cercano di simulare le fasi evolutive finali delle stelle supermassicce. I buchi neri di origine stellare rappresentano, comunque, oggetti molto piccoli, se paragonati ai buchi neri supermassicci, il cui meccanismo di formazione è completamente diverso, che si pensa siano ospitati nei nuclei di molte galassie attive e la cui massa dovrebbe essere compresa tra i milioni e i miliardi di volte quella del nostro Sole.

Mario Di Martino
Astronomo presso l'osservatorio di Pino Torinese


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Cerchiamo di vivere in modo tale che quando moriremo perfino il becchino sia triste.
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MessaggioInviato: mercoledì 5 dicembre 2007, 12:53 
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Iscritto il: mercoledì 26 aprile 2006, 22:19
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questo ora va! (spero!!)

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