Paolo (e tutti/e in generale, moderatori inclusi),
Sarò forse un po' lungo, ma spero di essere chiaro.
Vorrei innanzitutto che fosse molto chiaro che io non ho cercato o iniziato questa discussione. Come chiunque può verificare, ho dato vita a questo topic come mero preannuncio di un test planetario tra apocromatici e rifrattori acromatici a lungo fuoco, chiedendo se qualcuno avesse già avuto modo di vedere il nuovo Superplanetary di Astronatura, nato sulla scia dei lunghi scambi intercorsi con Attilio Bogi relativamente alla strumentazione del mio personalissimo osservatorio.
Non sono stato quindi io ad arrivare a scena aperta a criticare, in maniera per lo meno inopportuna e non sempre simpatica, le mie scelte strumentali.
Di queste esternazioni assolutamente gratuite e fors'anche fuori luogo — sia detto per inciso — abbiamo riso tra amici non più tardi di ieri sera a cena dove, i maschietti rimembravano esperienze da bagni scolastici liceali (..."quello ce l'ha più lungo, ma io ce l'ho più grosso" et similia...) mentre una fanciulla (sessuologa di professione) ricordava "sic et simpliciter" i sintomi dell'SPS (meglio nota come Sindrome da Spogliatoio o Sindrome del Pene Piccolo)...
Adesso, senza ovviamente voler portare avanti illazioni anatomiche — e voler quindi offendere nessuno, Dio me ne guardi — trovo però che tali letture esterne, fatte da profani del campo, siano molto rivelatrici del rapporto che alcuni astrofili hanno con gli strumenti (astronomici, ci mancherebbe) propri ed altrui...
Mi si dia atto che, nelle discussioni occorse da quando le mie scelte strumental sono state dileggiate e criticate, non ho fatto altro — e, mi si consenta, viste le condizioni l'ho fatto nella maniera più corretta e pacata possibile — che:
a) spiegare perché ho deciso di fare le scelte che ho fatto e
b) ricordare che "non è sagace" utilizzare strumenti di una determinata categoria come metro per strumenti di un'altra (a meno di non decidere che le differenze di qualità siano definitivamente scomparse da questo pianeta e quindi che, da ora in avanti, si possa piamente misurare ogni cosa nei soli termini di lunghezza, larghezza, profondità, peso, etc.)
Ripeto: non sono io ad essere entrato nel forum dei vari C14, M12, C11 o diosolosaccheccosa a dire ai vari orgogliosi possessori che i loro specchi sono buoni al più come strumenti da barba mattutina o depilazione serale. Non me ne importa assolutamente nulla. Tanto è vero che ho risposto a Sergio che, se era contento del suo C14, che lo usasse (come ovviamente fa) e se ne stesse felice.
Quello che mi intriga però — e mi si permetta di farlo notare — è come i vari "felici" possessori di tali miracoli dell'ottica (miracoli che rendono un C8, con i suoi 203mm di diametro, oltre che molto più comodo da usare e molto meno caro, ovviamente superiore a tutti i vari rifrattori 150 f/15 di cui sono pieni gli osservatori professionali, e non solo) si sentano autorizzati ad intervenire in maniera squisitamente off-topic quando qualcuno fa scelte altre che le loro. Il meno che viene da pensare è che questa presunta felicità non sia proprio tale e che, dietro ai vessilli di battaglia sventolati a pieni polmoni, tali miracoli dell'ottica non diano proprio tutte le squisite soddisfazioni che i vari depliant commerciali promettevano ai loro utilizzatori (...e qui ritorna subdolo lo spettro delle misurazioni liceali...).
Ecco, io non entro nei forum su catadiottrici et similia perché, come dicevo, non me ne importa nulla. E non me ne importa nulla proprio perché, pur non nascondendomi i costi ed i sacrifici che hanno comportato e comportano, sono felice e soddisfatto delle scelte che ho fatto.
Non so più in quale dialetto antico devo ripeterlo: gli strumenti a specchio di cui stiamo parlando li ho avuti ed usati per anni. Dopo il primo rifrattore da 60mm in tenera età, non ho usato altro che specchi (Newton, Cassegrain, Maksutov Gregory, Maksutov Rumak, Mak-Newton, Schmidt-Cassegrain e via dicendo) fino a dieci anni fa quando, diventato amico di una persona della Takahashi, ebbi la possibilità (e la gioia) di utilizzare *tutta* quella squisita produzione nipponica (inclusi i Mewlon a lambda/20, s'il vous plaît). E, così facendo, di aprirmi gli occhi — non solo sui libri d'ottica, ma direttamente sul campo — ed affinarmi il palato. Da lì ad AP (ed altri ancora) il passo è stato breve.
Quindi, ripeto, questi sono tutti strumenti che conosco come le mie tasche, e le scelte che ho fatto le ho fatte selezionando, scartando, scremando passo dopo passo, di prima mano, con i miei occhi, in anni ed anni. E, ribadisco, sono felice e soddisfatto delle mie scelte. Come dicevo qualche giorno fa, non stiamo parlando dell'araba fenice: uno SCT si compra sotto casa in cinque minuti. Di nuovo, diciamocelo onestamente: ma a me (e ad altri) ma chi glielo farebbe fare a complicarsi così la vita quando c'è la "dream machine" bella e pronta sotto casa? Se la "dream machine" ce l'ho avuta (avute), l'ho usata (usate) e poi l'ho dismessa (dismesse), qualche ragione ce l'avrò pure no?!
La ragione è che *c'è* differenza. Una differenza che io (ma non solo io) vedo ed apprezzo. Una differenza che per me — *per me* — valeva i soldi, il tempo, i sacrifici, le difficoltà etc. Per altri no?! Amen, che problema c'è...?!?! Però venirmi a dire, per tentare di mettersi l'anima in pace vis-à-vis una forse latente insoddisfazione, che quelle differenze non esistono... beh, Oddio, ognuno è libero di raccontarsela come preferisce per andare a letto contento la sera... Vogliamo favorire la pace serale? E sia: le differenze non esistono! Anzi, no, diciamola tutta: ho buttato per un decennio tempo e denaro perché non avevo di meglio da fare e temevo che, rientrando in un negozio Celestron (o chi per esso), le telecamere della sorveglianza mi avrebbero sbugiardato per sempre di fronte al Gran Consiglio Apocromatico...
Ohhh! Contenti così? E sia!
Bene! Chiarito questo, e con buona pace di quanti si sentono ora soddisfatti e felici, io purtroppo continuerò a vivere beato (o forse, penserà qualcuno, beota) in una dimensione spaziotemporale alterata in cui per 10 — dieci — anni, il mio amato C9.25 (lambda/8, star test da paura, image-shift praticamente nullo, e collimazione testata ogni volta, ancorché il pupo sia stabilissimo nella suddetta) non è mai — *mai* —, né in visuale né in CCD, stato superiore all'AP155 accanto a cui era montato. E questo, sempre in tale dimensione alterata, va di pari passo con l'esperienza pluriennale side-by-side del C14 (lambda/4) accanto all'AP180. Parlo di osservazione planetaria, ovviamente. Nonostante mi pare rilevare che l'ultimo decennio abbia portato ad una discreta diffusione delle lenti anche nella ripresa del profondo cielo. Sempre in questa dimensione spaziotemporale alterata, ovviamente.
Sì, le lenti. Perché il punto è tutto qua. A volte mi chiedo quanto si rifletta sulla profonda differenza fisica tra rifrazione e riflessione che, unita alla precisione ottica e ad alcune differenze strutturali (non ultima la ferale ostruzione), fa sì che (come è stato giustamente ricordato) tra rifrattori e riflettori le immagini siano profondamente diverse, perché fondamentalmente diverso è il rispettivo trattamento dell'onda luminosa; come diverso è il comportamento di tali strumenti davanti alla turbolenza atmosferica (per quanto minima essa possa essere).
Comportamento che — perdonami di dissentire Paolo; ma, comprendimi, parlo da una dimensione spaziotemporale alterata — rende per lo meno illusoria la differenza "teorica" tra le risoluzioni dei due strumenti in questione (0,35" per il C14 vs. 0,6" per il leviatano da 203mm). Questo per tacer di una scollimazione latente, di un minor contrasto insito, dei problemi termici, della summenzionata ostruzione, etc. Ma, per fair play, mi armo di buona volontà e, di seguito, ti correggo per quanto possibile tutti questi problemi.
La collimazione la facciamo perfetta. Perfetta e immutabile. Punto. E' un asintoto ma diamolo per buono. Bene. Ora facciamo andare a temperatura il C14 per tre-quattro ore. Ma, come sai bene, ci sono molte sere in cui la temperatura varia più rapidamente di quanto quello strumento riesca ad acclimatarsi e, quindi, ci sono molte sere in cui, per la notte intera, il C14 sarà fuori temperatura. Lascio quindi ai più volenterosi la ricerca sul cosa succeda della correzione ottica quando c'è un diffrenza di un solo grado centigrado tra l'aria all'interno e all'esterno del tubo... Sul minor contrasto non ci si può fare molto: quegli specchi sono lavorati velocemente a macchina e non è commercialmente conveniente superlucidarli, altrimenti finirebbero per costare più di un rifrattore... e poi il lambda/4 è quello che è... è, per così dire, il "minimo sindacale"... e pure lì, salire di correzione farebbe lievitare i costi... ecco che il rifrattore comincerebbe a diventare... a buon mercato... ;—) E poi, andare sopra di quanto? Sì perché tu mi insegni che, proprio per la diversa natura della riflessione rispetto alla rifrazione, tutto il resto essendo uguale — e, come abbiamo visto, in questa dimensione spaziotemporale alterata, tutto il resto *non è* uguale — lo specchio dovrebbe avere una precisione costruttiva quadrupla rispetto alla lente... vuol dire che, per essere corretto come una lente "sindacale" a lambda/4, lo specchio dovrebbe essere corretto a lambda/16...! Vogliamo parlare dei costi...? Oltre ai costi della meccanica che deve tenere precisamente allineati due specchi e un menisco lavorati a tali tolleranze...?!?! Ah, ma mi pare si parlasse di lenti lavorate a lambda/20... mmm, ma allora vuol dire che mi devono fare uno SCT con specchi lavorati a lambda/80... tu conosci qualcuno che lo faccia...?! E, anche se fosse, vogliamo tornare a parlare dei costi...?!?! E poi c'è l'ostruzione. Mi pare che, come tutti abbiamo studiato, se metti il telescopio nello spazio in assenza d'aria può addirittura arrivare ad aumentare il potere risolutivo dato che determina una diminuzione della dimensione del disco di Airy. Ma questa diminuzione, tu m'insegni, avviene a fronte di un rinforzo percentuale di luminosità di tutti gli anelli di diffrazione (soprattutto del primo) che quindi, in presenza di tutto ciò che non è seeing 10/10, si fonde col disco di Airy stesso facendo precipitare verticalmente la risoluzione del sistema ottico (da cui le stelle e i pianeti che, ritmicamente e magicamente, si trasformano in batuffoli...!).
Posso continuare, ma mi pare ce ne sia già abbastanza per far riflettere anche il meno sagace sul fatto che quella differenza teorica di risoluzione che viene fuori da un uso non troppo arguto della calcolatrice da tasca, inserendovi piamente il solo dato del diametro dell'obiettivo ma, ahimé obliterando quanto detto finora (e altro ancora), rischia di essere molto ma molto lontana dalle prestazioni effettive dello strumento... Queste sono cose, del resto, che sperimento ogni volta uso il C9.25 che, spero ne converremo, è per sua natura più corretto e meno sensibile alla turbolenza del C14...
Tutto ciò per corroborare quanto dicevi sulla differenza di resa tra lenti e specchi. Oltre che, permettimelo, per far capire che quanti continuano a voler utilizzare sistemi a lenti, beoti beoti non necessariamente lo sono. Almeno in questa dimensione alterata. Sappiamo bene infatti che, fuori da essa, gli specchi rispondo a leggi fisiche totalmente diverse. Ma io, ahimé, sono prigioniero di questa.
Dimensioni a parte, su un solo punto del tuo intervento non mi trovo in accordo: quando parli del vero osservatore di pianeti. Perdonami, ma io non la vedo così. E, tuo malgrado, contraddico le tue parole, dando ragione al tempo stesso alla tua pratica osservativa.
Un osservatore di pianeti è, come te e me, uno che — trivialmente — osserva pianeti, mettendosi quindi nella condizione di dare il meglio in ogni sera dell'anno. Appunto perché i pianeti — Giove, soprattutto — variano in continuazione ogni sera dell'anno (e, nel caso di Giove, ogni minuto di quella sera). Rilleggi, qualche pagina addietro, la metafora della barca a vela per capire cosa intendo.
Nel mio personalissimo dizionario, chi tira fuori una foto per cui s'è dovuto fare un viaggio ai tropici e ha dovuto sommare 1500 frames buttandone via decine di migliaia quella notte (e miliardi durante l'anno), per tirare fuori qualcosa che, adeguatamente trattato, saturato, mascherato, etc. è, indiscutibilmente, una bella foto di un pianeta, questo qualcuno è — trivialmente — uno che ha fatto una bella foto di un pianeta. Se lo strumento che ha fatto quella bellissima foto (non perché fosse il solo strumento a poterla fare, ma unicamente perché era lo strumento che questo qualcuno s'era portato dietro) lo costringe poi a restare chiuso in casa nove giorni su dieci perché rimanda un'immagine inaccettabile quando il seeing è solo 7-8/10, perdonami ma quello *non è* uno strumento planetario. E il suo possessore *non è* un osservatore di pianeti. Solo uno che, in una sera, ha fatto una bella foto. Sempre nel mio personalissimo dizionario, ovviamente.
Per inciso, e rileggendo il tuo paragone dell'AP 180 col JMI 18, mi permetto di suggerirti di non sottovalutare l'impatto fisiologico che la quantità di luce ha sulla sensazione di nitidezza che riceve l'osservatore. Il fatto che la quantità di luce permetta di vedere qualcosa in uno strumento più facilmente che in un altro, non vuol dire che nell'altro quel qualcosa non sia visibile. Sia che venga urlato o che venga mormorato, quando qualcosa è detto è detto. E chi lo sa ascoltare lo percepisce bene.
Quindi, senza assolutissimamente nulla togliere a quella fantastica bestia che è il JMI 18 e che, in condizione di seeing eccellente, è, appunto, *eccellente*, nell'AP180 si vedono tante ma tante bande, festoni, ovali, etc. quante un pittore avrebbe difficoltà a dipingere più velcemente della rotazione stessa del pianeta... sono solo più tenui, più delicate, più sussurrate. Ma ci sono, altro che se ci sono! E Giove, in realtà, come è ben visibile nelle foto delle sonde e dello Space Telescope, non è quella palla saturata e multicolore generata dall'elaborazione digitale dei filmati delle webcam. E', come hai detto giustamente te, "un Giove bellissimo di marmo".
Bene, direi che è il caso di interromperla qui per evitare di scrivere un trattato.
Spero almeno che questo scambio — che sinceramente amerei fosse l'ultimo su un argomento qui off-topic — sia stato occasione, per chi non fosse ferratissimo in ottica, ma purtuttavia interessato all'osservazione planetaria con gli acromatici o i rifrattori in genere (e ce ne deve pur essere qualcuno, vista la cifra dei lettori della topic...) di avere qualche lume ulteriore sulla disamina.
Che poi disamina non è. Sono scelte diverse, gusti diversi, fini diversi. Che meriterebbero mutuo rispetto. E pace del cuore. Così come la mera presa di coscienza che, apparentemente, viviamo in dimensioni spaziotemporali alterate che rispondono a leggi fisiche diverse.
Come è il caso, per concludere, di tutti i fotografi professionisti (e non solo). Perché, come qualcuno si sarà ormai accorto, è ampiamente riconosciuto che, anche in fotografia terrestre, i catadiottrici siano di gran lunga superiori, per risoluzione e contrasto, a tutti i teleobiettivi a lenti ED o alla fluorite di diametro inferiore. Questo qualcuno, cortesemente, vada a dire a tutti i professionisti che, per esempio, si occupano di caccia fotografica, che possono tranquillamente lasciare a casa i loro pesanti zaini (e sul loro conto in banca le svariate migliaia di euro che hanno buttato dalla finestra) perché il lavoro che fanno potrebbero farlo meglio, più semplicemente e assai più a buon mercato con un C90, C5, M4, MTO500 o 1000, o Nikon, o Canon, o Tamron, o quel che sia purché rigorosamente a specchio) invece che con i loro lunghi, pesanti e costosi supertele, utilizzati spesso e volentieri allo stesso rapporto focale...
Poveretti, si batteranno certo la mano sulla fronte dandosi dei beoti e correranno immediatamente ai ripari. Oppure no. Forse perché — sciagurati — sono anche loro prigionieri di una dimensione spaziotemporale alterata...!
Tant'è. E, sia detto in chisura — ma meritava di essere menzionato all'inizio — un grazie di cuore a quanti hanno gentilmente appoggiato la folle avventura. Un giorno, spero vicino, brinderemo insieme e rideremo di tutto ciò.
Buonanotte,
Massimiliano
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