Negli anni ’70 un costruttore americano semi amatoriale di telescopi compra una fornitura di vetri “ad anormale dispersione” dalla Nasa. La stessa aveva ordinato negli anni ’60 a Kodak e Bausch&Lomb dei vetri lavorati particolarmente bene per il programma spaziale. Il progetto a cui erano stati destinati probabilmente non andò avanti, perciò anni dopo li svendettero.
Le leggende narrano che sempre questo costruttore si sia avvalso di progetti della Zeiss per mettere a punto i propri telescopi: gli Astro-Physics. Stiamo parlando di Roland Christen.
Nel 1981, sul numero di ottobre di Sky And Telescope uscì un articolo di Roland Christen dal titolo “An Apochromatic Triplet Objective”, che recitava:
Several years ago, an acquaintance led me to a supply of glass gathering dust in a warehouse. It was originally intended for the space program, but owing to a budget cut was never purchased by NASA. It was marked 613443, but only a few index values were listed with the melt data, making it impossible to determine the partials. The glass was sent to the University of Rochester for index determination. When the numbers came back, I couldn’t believe my eyes. The partials were better than those of KzFS-1, making its color correction superior to that of any other commercially available glass.The internal stress birefringence was less than 5 nanometers/cm, and the index variation over a 10-inch disk was negligible. None of the yellowish coloration that most flints show was seen, the glass being clear as water. For those amateurs who must have the best, I will make some of this glass available.Questo è quello che scriveva in un’altra reclame del dicembre 1981 l’Astro-Physics.:
The secret of the high resolution, contrast and high light gathering power is in the use of three carefully selected glasses made by an American manufacturer in the late ’60’s for the space program. With respect to light transmission, homogeneity, striations and stress birefringence, it is some of the finest glass ever produced in the history of glass making.
In un’altra occasione ho trovato una sua citazione:
These glasses all have somewhat different chemical properties, some are more resistant to etching than others. None of them hold any advantage over modern ED glasses except for cost. Basically, they have outlived their usefulness and are not very available any more.
Typically glass companies don’t pour glass types on speculation. Usually they will pour a large run of some glass because an industry needs it for some use. One case was NASA wanting to bring some of the strategic glasses on shore so in case there was a conflict the military would have access to an adequate supply. In the case of high index radioactive thorium glasses, there was a huge demand for fast camera lenses for the popular Brownie and Hawkeye cameras that Kodak was making. All of that is ancient history now. Nowadays the camera industry pretty much sets the demand for ED glass.Interessante il fatto che in entrambi gli scritti si descriva il vetro utilizzato come sostanzialmente puro e omogeneo, limpido come l’acqua, ma un vetro comune, non un ED.
I primi telescopi con il fantomatico Nasa Glass furono 24 esemplari di tripletto da 150mm f9 nel 1984. Poi arrivarono i tripletti 150mm f12, che venivano reclamizzati nel 1986 come progettati per i più acuti osservatori di pianeti e luna, che non vogliono compromessi.
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La reclame riporta un costo che oggi sembra quasi ridicolo pur con l’avvento dei telescopi Cinesi: con 1540 dollari ci si portava a casa uno strumento da osservatorio professionale!
Per contro, negli anni 90, un acromatico vixen 102m costava la bellezza di 4 milioni di lire…
Facciamo un salto temporale e arriviamo ai nostri giorni. Ho appena concluso una trattativa con l’amico Andrea per un fantomatico Astro-Physics Superplanetary 6″ f12, Nasa Glass. Avevamo visto insieme il tubo per la prima volta alla notte dei lunghi tubi del 2023. C’è anche un simpatico report di Salimbeni pubblicato su youtube:
https://youtu.be/lMJsMi9cIiIDopo quella serata, io tornai a casa innamorato del piccolo pentax edhf75, l’amico Andrea con gli occhi solo per l’Astro-Physics. In quella serata mi erano piaciuti molto sia il Tec140ed, bellissimo su giove, sia l’Astro-Physics: nonostante una lieve scollimazione, sulla luna era impressionante per la secchezza dell’immagine.
Così qualche sera dopo Andrea comprò l’AP vendendo il C11 e il piccolo televue 85 ( quello che fu mio…), mentre io mi aggiudicai un’asta in giappone per il piccolo pentax.
L’AP preso da Andrea era di proprietà del mitico Alfredo Pasini, astrofilo che riesce sempre a recuperare telescopi rarissimi. Da lui avevo preso il mio dobson 42, il cui specchio era stato fatto da un artigiano svizzero. Presi anche l’obsession 18uc, il c14, il taka fs128 ecc. ecc. Insomma, Alfredo per me, oltre che essere una bellissima persona, è stato importante per la mia conoscenza di strumenti di alto livello ma un po’ insoliti.
Alfredo aveva preso il telescopio da un certo Gianluca, che lo aveva comprato da una vedova, la quale asseriva che il marito lo aveva preso direttamente dagli stati uniti. All’inizio il nostro Gianluca non sapeva bene cosa aveva in mano. Infatti nel 2018 cercava informazioni sul forum su un fantomatico rifrattore Edmund:
viewtopic.php?f=3&t=101506&hilit=edmundNelle foto postate sul forum si vede il grosso tubo sopra una montatura a forcella Urania, direi terribile nell’insieme.
Comunque, Andrea in questi due anni ha ristrutturato il tubo togliendogli le bozze e facendolo riverniciare con la RAL giusta da un carrozziere. Ha sistemato il fuocheggiatore e dato una pulita all’obiettivo.
Ora il tubo sembra come mamma Roland l’ha fatto! Ed è a casa mia.
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Il tubo è mastodontico. Lungo quasi due metri, non pesantissimo, ben bilanciato grazie ad un generoso e pesante cercatore Meade.
Sul bordo delle lenti si vede la scritta 61210 che dovrebbe significare:
6 pollici
Rapporto focale f/12
10mo esemplare
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Il tripletto è spaziato in olio. Questo ha dei vantaggi:
ci mette meno ad andare in temperatura;
eventuali difetti sulle superfici dei vetri vengono quasi “corretti” dall’olio.
Ma anche degli svantaggi:
la manutenzione è più complicata;
è preferibile non usare il telescopio con un prisma di herschell, dato che i raggi UV potrebbero degradare l’olio tra le lenti, meglio un filtro frontale.
La cella non è collimabile, ma, come fanno anche i cugini Televue, si può regolare tramite le tre viti radiali a 120° che la bloccano sul tubo.
Pur non essendo il sistema migliore, il rapporto focale f/12 tende a perdonare tutto.
Ma questo tripletto come va sotto il cielo? Mi devo aspettare prestazioni da super telescopio, oppure l’età di quasi 40 anni si farà sentire? D’altronde anche il suo creatore dice che la correzione cromatica dei più moderni vetri ED consente prestazioni migliori anche a rapporti focali più veloci. Però non ho la possibilità di confrontarlo direttamente con un moderno Starfire o un tec o un takahashi di pari diametro. Dunque, come potrò valutarlo?
Direi, chi se ne frega!
Penso che il bello di questi telescopi vecchi ma non antichi, vintage ma di qualità, sia proprio il sapore di storia che si portano dietro, al di là della pura performance che non saprei manco misurare.
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Eccolo qua: sopra la G11 sembra addirittura un telescopio di medie dimensioni…
Naturalmente il cielo in questi giorni è stato inclemente e la legge di murphy si è abbattuta senza pietà. Potrebbe esserci una finestrella di sereno sabato sera, per provare il pachiderma su saturno, stelle doppie e magari giove.
Cieli sereni,
Kapp