Da qualche tempo gira sul web il video di una conferenza tenuta dal n.1 dell’imaging planetario, Damian Peach. Eccola qui:
https://www.youtube.com/watch?v=puoh1ikzonAAttivando i sottotitoli, dovrebbe essere alla portata anche di chi ha un inglese di livello scolastico, e anche per questo consiglio senz’altro di ascoltarla.
Al di là della parte tecnica, che diciamocelo non è neanche poi nulla di nuovo per l'imager evoluto, mi ha colpito una frase che dice alla fine, mostrando la spettacolare animazione di Giove ripresa da Barbados:
“questo mostra cosa è possibile fare con telescopi amatoriali di grande apertura, quando si ha una ossessione, lunga tutta una vita come la mia”.Lo so, ti aspettavi forse la ricetta miracolosa sempre uguale per fare immagini da APOD, o quel plugin sconosciuto che trasforma una ciofeca in una signora foto. Nulla di tutto ciò, ma la frase riportata ci dà forse, nella sua essenzialità, qualcosa di altrettanto importante: la chiave per capire. Damian non parla di passione o di hobby, ma usa un termine molto più forte: ossessione, e io non credo che sia un caso. Analizzo punto per punto una serie di considerazioni e luoghi comuni che si sentono spesso girare nell’ ambiente.
•Tanto lui ha il seeing , e-se-riprendessi-dalle-Barbados-farei-lo-stessoSbagliato: non è il seeing che va da Damian Peach, ma è lui che va dal seeing. A un certo punto del video mostra alcuni dei siti che ha visitato: Tenerife, Cipro, Florida, Barbados, e dice chiaramente che è stato spinto a fare questo dalla frustrazione per la qualità del cielo di casa sua in UK. Anche per questo si è probabilmente fermato al C14. A un certo punto si sofferma addirittura sul trasportino che usa per portalo in aereo. Quanti imager sono disposti a questo? Sono pronto a scommettere che quelli che continuano a ripetere la frase sopra sono gli stessi che non hanno mai spostato il setup da casa loro, anzi non solo non lo hanno fatto ma non ci hanno nemmeno mai provato.
• Ok, ma non dice nulla di come fa, come faccio a capire?In realtà lo dice: collimazione, seeing, messa a fuoco, acclimatamento, ma in molti credono che nasconda dei segreti elaborativi o che abbia una ricetta magica che fa miracoli. Non posso affermarlo con certezza, ovviamente, ma non credo che sia questo il punto. Il vero punto è un altro. Tu credi di saper collimare, ma sei sicuro di saperlo davvero fare? Sei sicuro che il telescopio mantenga la collimazione se fai il salto del meridiano? Sei proprio sicuro che il problema che attribuisci al jet stream a 10 km di quota non stia a pochi cm da te, all’interno del tuo strumento?
Alcuni degli imager che hanno ripreso con Damian (un nome per tutti: Ian Sharp) hanno riportato che la sua tecnica di acquisizione è del tutto ordinaria, certo con una cura maniacale dei dettagli e (aridaje) della collimazione. Ovviamente in tanti anni di esperienza avrà accumulato un patrimonio di conoscenza sui vari software (Iris, Photoshop, Pixinsight, Registax, eccetera) che probabilmente non ha nessuno di noi, ma non puoi enfatizzare in postprocessing un dettaglio che semplicemente non hai ripreso. Quindi torniamo al punto di partenza.
• Ma lui è un mago, io non arriverò mai ai suoi risultati In rete si trovano cose davvero spassose sulle presunte abilità di Damian, che lo dipingono come una specie di alieno. In realtà non è affatto così, anche lui ha avuto una curva di apprendimento come tutti. Guardiamo l'immagine sotto:
http://alpo-j.sakura.ne.jp/kk02/j020601z.htmSembra impossibile ma è proprio la sua, fatta col suo C11 nel 2002, cioè 18 anni fa. Questo lungo lasso di tempo mi consente di riallacciarmi al concetto iniziale che è il filo conduttore di tutto il discorso: l’ossessione. Molti bravi imager lo sono stati per un periodo più o meno lungo, poi (vuoi perché si sono trasferiti, per motivi personali, figli ecc) hanno smesso. Altri imager riprendono solo con i pianeti alti sull'orizzonte, e in questo periodo sono fermi; il che dimostra forse che quello che li muove non è la volontà di studiare davvero i pianeti ma solo di fare immagini spettacolari di cui vantarsi poi con amici e “followers”. Damian invece non ha mai smesso, da quando era un ragazzo continua ad affinare la sua tecnica e a riprendere in tutte le condizioni, ed è soprattutto la grande costanza (unita a un indubbio talento) che gli ha permesso di arrivare dov’è. Ed è questo, alla fine, che gli dobbiamo invidiare davvero.
Tutto qui. Nessun segreto, nessun trucco, niente scuse. Solo tanto freddo e sonno perso attendono l’imager planetario interessato a dare una valenza scientifica al proprio lavoro. Addirittura, la passione potrebbe a un certo punto condizionare anche i rapporti sociali, e non tutti sono disposti ad arrivare a questo. Damian, insieme ad altri bravissimi imager sparsi per il mondo, ha mostrato la via da seguire per arrivare in cima, ma questa è appunto la
sua via, mentre ognuno deve trovare la propria. Molti si vorranno fermare prima, altri torneranno indietro, qualcuno farà pochi passi appena. Fa nulla: l’importante è provarci, prendendosi il tempo che serve; senza aver timore di chiedere consigli a chi è più bravo e senza fare competizioni se non con sé stessi. I risultati arriveranno, forse non subito, ma arriveranno: un giorno, quasi senza accorgerti del tempo che è passato dalle prime incerte riprese, su quella rivista ci sarà proprio la tua foto, e quel sito internet parlerà proprio di te.
…e un domani.. forse una mail, dall’Osservatorio del Pic du Midi… ti inviterà lì a 3000 metri, per riprendere Giove con il Cassegrain da 1 metro insieme ai migliori del mondo.
Perché è lecito ed è bello sognare, ma i sogni li si realizza da svegli.
Buone riprese planetarie a tutti.