“e la Luna non è abitata dagli uomini, né le anime vi migrano”
Tutti, o quasi, gli appassionati sanno che i nomi dei crateri e delle formazioni lunari usati oggi risalgono per la maggior parte ad un astronomo italiano, il gesuita Giovanni Battista Riccioli (1598-1671) che distribuì sul nostro satellite i nomi di scienziati, filosofi e astronomi che si erano in qualche modo occupati della Luna nelle loro ricerche. Ma che criterio usò Riccioli per collocare i nomi? La risposta a questa domanda ce la dà, in parte, lui stesso nella sua opera maggiore, l’Almagestum novum, dalla quale è tratta la cartografia sotto. Riccioli divise la Luna in otto spicchi, o meglio ottanti, di cui il primo si trova approssimativamente ad ore 11 e gli altri seguono in senso orario, rispettando un ordine approssimativamente cronologico e tendendo a raggruppare i nomi per discipline (filosofi con filosofi, astronomi con astronomi, eccetera). La Luna apparentemente non ruota, e per questo un sistema simile funziona. Nei primi due ottanti, così, trovano posto gli antichi fisici ed astronomi. Eratostene, che aveva misurato la Terra tre secoli prima di Cristo, si trova nella porzione sud del primo ottante, mentre Platone è collocato nel secondo non lontano dal suo allievo Aristotele. Nel terzo e quarto ottante iniziano a comparire le personalità di Roma antica. Troviamo qui Giulio Cesare, e nei suoi pressi l’astronomo alessandrino Sosigene sulle cui indicazioni il dittatore aveva riformato il calendario. Nel IV ottante si trova un’interessante eccezione, Langrenus (Van Langren). Cosa ci fa un contemporaneo di Riccioli qui? La risposta risiede nel fatto che l’opera di Riccioli non nacque dal nulla ma si basò principalmente su due altri lavori di cartografia lunare, il primo di Van Langren, appunto, e l’altro di Hevelius (di poco precedenti il suo Almagestum). Per rispetto del primo, dopo aver affondato il suo sistema di nomenclatura, Riccioli fece un’eccezione e piazzò Langrenus esattamente nel cratere che il collega fiammingo aveva dedicato a sé stesso. Peraltro, anche l’idea di chiamare “mari” le ampie pianure scure è sua, e venne mantenuta, con scelta felice, da Riccioli. Nel sesto quadrante sono ricordati i grandi astronomi arabi, in particolare qui troviamo Arzachel (Al-Zarqali) e Albategnius (Al-Battani) insieme a nomi di astronomi contemporanei come Clavius, Longomontanus, eccetera. Cade opportuna qui una precisazione. Riccioli accoglie nel suo sistema la credenza popolare secondo cui la luna crescente (quindi con la parte Est illuminata, a destra nella mappa) porta bel tempo, e il contrario nel caso di luna calante. Quindi, nominò in accordo le formazioni ad est (Mare della serenità, Baia degli arcobaleni...) e ad ovest (Oceano delle tempeste, Mare delle Nubi, ecc). L’ottavo ed ultimo ottante cade proprio qui, nella zona più tempestosa della luna, e qui sono collocati gli astronomi rei di aver creduto nel sistema eliocentrico: condannati -dice Riccioli- a vagare “come isole galleggianti in acque perigliose”. Giusto contrappasso, secondo lui, per coloro che avevano tolto alla Terra la sua eterna stabilità. Il protagonista indiscusso di questo ottante è proprio quel Copernico, il cui sistema veniva con forza (un po' ostentata, secondo qualcuno) rifiutato da padre Riccioli. Gli osservatori e gli imager conoscono bene questo grande cratere, che con la sua raggiera di ejecta sembra dominare una sterminata area della Luna. Aristarco, l'astronomo greco che con un inaudito balzo intellettuale aveva osato togliere la Terra dal centro del mondo, è qui, ma viene giustamente posto al confine tra il I e l’VIII ottante. A lui è dedicato uno dei crateri più brillanti della luna, a volte addirittura abbagliante, ed è possibile che Riccioli abbia considerato anche questo aspetto (l’albedo) nello scegliere i nomi. Egli infatti, non dice tutto, e non è detto che creda a tutto quanto dice. La recente abiura di Galileo, e lo stesso abito che indossava, consigliavano prudenza. Il cratere dedicato a Tycho Brahe può esserne una prova. Grande, con una enorme raggiera brillante, sembra voler illuminare tutti gli altri uomini mostrando loro l’unico vero sistema: quello ticonico, appunto, una commistione tra il sistema eliocentrico e geocentrico nel quale lo stesso Riccioli credeva. Incedentalmente, il frontespizio dell'Almagesto (definito "la più bella immagine astronomica di tutti i tempi") che meriterebbe da solo un capitolo a parte, mostra la musa dell'Astronomia, Urania, mentre confronta su una bilancia i sistemi di Tycho e di Copernico. La bilancia pende, naturalmente, dalla parte del primo. A Keplero è dedicato un cratere nell’VIII ottante, non enorme come dimensioni ma nondimeno notevole, in quanto si trova, pressoché isolato, sopra un’area chiara che lo mette vieppiù in risalto. Uno studioso, il Whitaker, ha notato che questo cratere è situato lungo la continuazione di uno dei raggi di Tycho, e che è connesso con la raggiera di Copernico e Aristarco, quasi a voler legare questi tre grandi nomi per l’eternità. Si tratta di mere ipotesi che compiacciono i biografi moderni, o il Riccioli era più copernicano di quanto volesse far credere? E’ una idea affascinante che trova appigli nella sua stessa nomenclatura, nella quale, forse intenzionalmente, alcune connessioni sono solo suggerite o risultano poco chiare, e lasciano adito ad una serie di supposizioni. Di certo egli non credeva che la luna fosse abitata, ed i termini familiari di geografia terrestre che usò (monti, appennini, mari, laghi) sono null'altro che motivi poetici. L’iscrizione latina riportata sopra la carta lunare, tradotta all’inizio di questo post, afferma proprio questo:
“Nec homines lunam incolunt, nec animae in lunam migrant”
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Commento file: Almagestum_frontespizio

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