Io non ho capito perché bisogna andare contro l'evidenza.
L'evidenza è che l'azione a distanza è possibile in natura.
Lo dimostra il fenomeno dell'entanglement quantistico.
Se è possibile a livello microscopico, non vedo perché l'azione a distanza non possa essere possibile a livello macroscopico, cioè per l'interazione gravitazionale.
Il concetto di campo magnetico ed elettromagnetico spiega solo in parte l'interazione elettromagnetica, ma cade con l'entanglement, quindi o l'entanglement è un'eccezione, o c'è qualcosa che non va nel concetto di "campo", e l'entanglement è la regola.
Io propendo per la seconda opzione.
Del resto la meccanica quantistica, che pure è di grande utilità pratica, basti pensare ai progressi nel campo della tecnologia informatica, reca dei paradossi intrinseci dai quali farebbe bene a liberarsi in fretta.
Mi riferisco al principio di indeterminazione di Heisenberg, dal quale muove gran parte della meccanica quantistica, e in particolare il modello atomico, concepito non come il nostro sistema solare, cioè con gli elettroni che girano su orbite prestabilite determinabili, ma con gli elettroni che si muovono in maniera caotica all'interno di "orbitali", cioè di regioni di spazio all'interno delle quali sarebbe più probabile trovare gli elettroni.
Il problema è che Hisemberg non si è mai sognato di dire questo.
Egli, quando ha formulato il principio di indeterminazione, lo ha fatto con esclusivo riguardo ai limiti connessi alle possibilità di osservare particelle così infinitamente piccole, asserendo che il fascio di luce necessario per osservare l'elettrone ne modificherebbe la posizione, rendendola per noi indeterminabile, almeno fino a quando non sarà possibile osservarli in maniera talmente "non invasiva" da non alterarne la posizione e la velocità.
Quindi, il principio di indeterminazione, per Hisemberg, non esprime una caratteristica intrinseca delle particelle, ma solo un limite delle nostre strumentazioni.
In verità si è tentato (con Ozawa) di dimostrare che non è così, ossia che l'indeterminabilitá è un aspetto intrinseco delle particelle, ma poi è arrivato Paul Busch che ha smentito i dati di Osawa, ritornando quindi al concetto originario di indeterminazione, ossia inteso solo come conseguenza di un semplice limite osservativo.
La notizia la trovate qui:
http://gaianews.it/scienza-e-tecnologia ... Rlzz8upVAgMa allora, se non è possibile determinare posizione e velocità di un elettrone sol perché è troppo piccolo per non risentire del fascio di luce necessario per osservarlo, allora cade anche il concetto di orbitale, non essendo più possibile ipotizzare il movimento caotico delle particelle come una loro caratteristica intrinseca.
Rubbia dice che il gravitone, per tornare al tema, è una particella non osservabile perché "coperta dal principio di indeterminazione di Heisenberg", ma a parer mio, inventare ogni volta delle particelle esotiche ad hoc per spiegare dei fenomeni inspiegabili è troppo semplice e anche poco serio.
La gravitá è un fenomeno attrattivo che agisce a distanza: vi sono troppe evidenze che sia così, basti pensare alla immediatezza con cui un oggetto cade nel momento in cui si rimuove il vincolo che ne impediva la caduta, e questo anche a grande distanza dall'attrattore e tale operatività immediata è espressione di un principio osservabile in natura, come conferma l'entanglement.