... forse non sono stato chiaro, con "sua maestà" intendevo Giove che si approssima all'opposizione e che mi appresto ad osservare con i miei strumentini, confrontando il tutto con le osservazioni delle opposizioni passate.
Per il resto: dalla piega che sta prendendo il thread mi diventano evidenti due cose.
Innanzitutto proprio quello che accennavo nel mio primo intervento: la sostanziale diversità di approccio, confermata da Xenomorfo, al rapporto con l'astrofilia.
C'è chi ha come obiettivo la "performance": e il metodo per perseguire questo obiettivo è la corsa alla prestazione. Una volta che hai raggiunto la massima prestazione ottenibile da una data strumentazione la cambi per una in grado di darti prestazioni maggiori, con la naturale ricerca di soluzioni che garantiscano il massimo rapporto prezzo/prestazioni, almeno in termini teorici quanto a raccolta di luce e potere risolvente. E questo a prescindere da qualsiasi altra considerazione: il diametro innanzitutto, e sempre più diametro. Non importa quale schema ottico, non importa nemmeno quale target osservativo: importa solo raggiungere il limite e superarlo di volta in volta. Non c'è dubbio che, se questo è l'obiettivo, una certa concezione del newton altazimutale che viene come naturale evoluzione dello schema dobsoniano rappresenta fino a prova contraria il non plus ultra, proprio per l'imbattibile rapporto prezzo/prestazioni.
C'è chi ha come obiettivo la semplice osservazione, fatta però il più continuativamente possibile - e parlo di quello che è il tema di questa discussione, l'osservazione planetaria visuale. Che vive di quei due aspetti che dicevo: non solo lo sfruttamento al limite della strumentazione di cui si dispone, ma appunto anche l'assiduità osservativa cioè lo sfruttamento del limite esperienziale-conoscitivo, per cui per sfruttare fino in fondo un dato strumento occorre MOLTO più tempo: il tempo scandito dall'evoluzione delle atmosfere planetarie o dei vari fenomeni osservabili. Va da sè che in questo caso non è necessaria la corsa all'apertura, non è l'interesse primario. Interessa quanto basta per poter osservare più assiduamente possibile, arrivando al noto adagio per cui il telescopio migliore è quello di cui si dispone - e che quindi si conosce come le proprie tasche e si è imparato a sfruttare fino in fondo con continuità. Interessa, insomma, l'osservazione più che la performance.
Detto ciò, seconda cosa: trovo importante sottolineare questi aspetti in discussioni come questa; ognuno, poi, giudichi quale dei due approcci gli è più congeniale - e si muova di conseguenza. Aggiungo che è facile, per chi legge, vedere e giudicare laddove vi sia una autentica e leale apertura alla conoscenza e dove invece si difendono posizioni acquisite cercando di farle passare come le uniche valide.
Non faccio mistero che a me interessa molto di più il secondo approccio: tant'è che non sento l'esigenza immediata di salire di diametro anche se so bene che i miei strumenti sono davvero piccoli per l'osservazione planetaria. Mi interessa però continuare a sfruttarli semplicemente osservando con continuità e concentrandomi sull'evoluzione dei pianeti, della fenomenologia che li riguarda e che è alla loro portata - cosa che non potrei fare se ponessi i miei sforzi sul costante inseguimento della performance fine a se stessa. Per come sono fatto, questo sì mi annoierebbe...
stevedet ha scritto:
Forse solo perché scrivendo ''dobson'' si evita di dover scrivere: ''telescopio newton su montatura bassa e altazimutale''...
C'est plus facìle...

Così "a occhio", nonostante l'ingegnerizzazione, direi che rimane comunque il tipo di montatura altazimutale caratteristico della progettazione dobsoniana: anche per questo ci sta continuare a chiamarlo così. Il nocciolo della questione evolve ma non cambia, ottenere diametri importanti senza la pesante e costosa montatura "convenzionale" necessaria...