Ciao a tutti e ben trovati!
Siamo appena rientrati dal viaggio effettuato nella "Fornace di Allah"
dal quale ne siamo usciti ben cotti, ma ancora sani e intatti.
Con temperature di punta che oscillavano tra +47° e +50° C abbiamo
disceso la costa del Mar Rosso, da Mars Alam (airport), sino ad Hala'ib
(nel Paese dei Neri) spingendoci anche, dove è stato possibile, nell'interno
del Sahara orientale.
Centinaia di chilometri caratterizzati da una natura incontaminata e allo
stesso modo terrificante, dove ogni forma di vita è costretta all'estremo da
un habitat che non perdona e che non concede errori di sorta.
Abbiamo attraversato montagne e altipiani desolati, alternati da
tratti di costa con insenature ricche di grovigli di mangrovie impiantate in
isolotti, secche e lagune selvagge dove solo e soltanto dromedari, aquile
pescatrici, falchi predatori, avvoltoi, aironi, granchi e paguri, regnano
sovrani. Padroni incontrastati di spiagge battute soltanto dal vento e da
continue e profonde maree. Un paradiso infernale!
Per contrasto con la dura realtà del mondo emerso ci siamo immersi
nel vero paradiso che il Mar Rosso ancora custodisce e abbiamo
nuotato tra barriere coralline al pari degli atolli [deserti] Maldiviani,
in acque caldissime, limpide e traboccanti di colori e vita.
Tartarughe e aquile marine, murene, carangidi famelici (in particolare
uno da 1,40 mt), barracuda (più rari) erano ovunque, insieme
a tutte le migliaia di specie, più o meno grosse e con colori sfavillanti che
animano i fondali dei mari tropicali.
Sott'acqua torri a strapiombo molto alte, grotte e coralli multicolori che
caratterizzavano isole e isolette deserte.
Un tratto di costa e dell'entroterra del Mar Rosso intatto, al di fuori di
qualsiasi rotta turistica.
Abbiamo incontrato genti nomadi senza diritti umanitari, ma orgogliosi di
essere legittimi proprietari di quelle terre bruciate dal Sole. Siamo stati
invitati sotto le loro caratteristiche tende cosparse di tappeti, per un
thé, un caffé allo zenzero o per una fugace cena.
Genti semplici, sempre cordiali e ospitali, dove attraverso una gestualità
secolare abbiamo intuito che per loro la misura del tempo è scandita
ancora dal momento delle preghiere e dall'alternarsi del giorno e della
notte.
Per sfondo e onnipresente a questi contesti, il deserto. Terrificante.
Mistico e straordinariamente affascinante.
Nel nostro viaggio abbiamo affrontato il deserto rosso, fatto di terra
arsa dal sole. Deserti composti da dune sabbiose, dove la sabbia era
più fine del borotalco, o più grossolana ma di origine granitica.
Deserto ghiaioso: dove le pietre nere stampavano una cornice
lunare. Infine il deserto roccioso: il più articolato e difficile da
superare.
Sfondi infiniti. Paesaggi illimitati, dove l'occhio abbracciava
all'orizzonte miraggi o realtà al limite della percezione.
Tutto questo per poi trovarsi sempre nel nulla, sia di giorno e sia di notte
nel silenzio totale dove tra noi, nel pieno rispetto di
quella natura incontaminta, comunicavamo sottovoce per non interrompere
quell'atmosfera illibata, coperta soltanto da un cielo da sogno.
A detta delle nostre guide è dal 1994 che in tutta quell'area non piove.
E c'è da credergli, perché in tutti i giorni e le notti di permanenza non
abbiamo MAI visto una nuvola, o un minimo di condensa. Solo e soltanto
cieli tersi e cristallini: alla fine del viaggio diventati un vero incubo!
Il 21 giugno (il giorno del solstizio d'estate) al mezzodì locale (eravamo a
22° 30' N e 36° 07' E, quindi pochi gradi più a Sud del Tropico del Cancro)
dove abbiamo visto per la seconda volta (la prima è stata all'equatore
alle Maldive nel 1993 durante l'equinozio di primavera), come il Sole non
proietti ombra, trovandosi in quel momento, esattamente allo Zenit.
Il Sole protagonista dunque del nostro viaggio; costante presenza in
quelle terre inospitali: così mite e piacevole da noi, così impietoso e
terribile nel deserto.
Nei pressi della costa del Mar Rosso nonostante le elevate
temperature la sensazione di caldo quasi mai è stata opprimente, data
la buona ventilazione da nord che caratterizzava le ore più calde del
giorno.
Bastava però addentrarsi un poco, dalla costa verso l'interno, per
trovarsi con il cervello "out" in sole 2 ore di esposizione diretta al Sole!
Di notte invece, bastava una semplice maglietta per ripararsi dai 24° -
26° C. Una temperatura ideale anche per guidare a mano le lunghe
pose per le fotografie widefield.
Che dire poi di quell'emozione di trovarsi di notte sulla battigia di quel
mare immobile a guidare con la piccola montatura equatoriale dove ogni
tanto si sentiva il colpo di coda di alcuni pesci che facevano sentire la
loro presenza?
Oppure ancora quando nel buio totale, fra le dune del deserto, nel
nulla, con "solo" sopra le nostre teste quel cielo coperto di stelle,
dove si sentiva in modo assordante il ticchettio della HEQ-5?
E al crepuscolo, ancora una volta, è stata una sorpresa constatare
il repentino calo di luce; sempre molto più veloce e brusco, rispetto
alla nostre latitudini, tanto che il più delle volte, all'improvviso, siamo
rimasti totalmente al buio e impreparati durante i preparativi per la
notte. La Luna e Venere ad owest (altissime) dopo l'occultazione
vista nel crepuscolo avanzato. Giove a sud immobile, con un seeing
ottimo e anch'esso molto alto sull'orizzonte.
Sul fare della sera il Centauro e lo Scorpione sono sempre stati i primi
protagonisti delle osservazioni.
Come riferimento rispetto al cielo nostrano basta immaginare che le
parti più basse della coda dello Scorpione (Theta Sco) si alzavano
dall'orizzonte per circa 25° in altezza al meridiano, permettendo di
riconoscere indistintamente il Lupo, la Norma, l'Ara, e la Corona Australe
(le costellazioni australi sotto lo Scorpione) ad occhio nudo.
Indubbiamente in questo periodo dell'anno la costellazione dello
Scorpione è stata quella che ha regalato le migliori osservazioni e
fotografie.
In particolare ho notato come la regione della Via Lattea, compresa
fra Antares - Epsilon Sco e Theta Oph, sia di gran lunga più luminosa
offrendo la visione ad occhio nudo della Pipe Nebula, in modo netto
e nitido.
In egual misura, ma forse appena meno facili, abbiamo visto i rami del
Dark River che ben si staccano dal fondo cielo per finire nella regione
di Rho Ophiuchus.
Scontato, ma non lo è stato affatto perchè catalizza sempre, il centro
della Via Lattea nel Sagittario, anch'esso estremamente più luminoso.
Osservare e fotografare invece Omega Centaurus, è stato come
trovare il solito vecchio amico, visto sempre (ottava volta) attraverso i
40x offerti dal catadiottrico Russo.
Non sto ad aggiungere altro, accidenti... mi accorgo soltanto adesso di
aver scritto un poema e di aver esagerato, sono ancora abbagliato
dalla luce del deserto! Se così fosse perdonatemi, ma occorrerebbe
ancora dell'altro tempo per descrivere quel che abbiamo visto e vissuto!
In ogni caso spero che la breve sintesi delle immagini che avrò da
proporre, rappresenti bene il "fil rouge" delle emozioni di questo viaggio.
"Inshallah" (per gli Arabi vuol dire: "Se Dio vuole") il prossimo anno
c'è da ritornarci almeno per un mese intero. Il misticismo del deserto
africano ha fatto altre vittime.
Cari saluti e a presto,
Danilo Pivato
--
|