1° Forum di Astronomia Amatoriale Italiano

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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 5:35 
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Iscritto il: martedì 17 ottobre 2006, 11:15
Messaggi: 1766
Località: Aielli (Aq)
Tipo di Astrofilo: Visualista e Fotografo
Ciao Ivaldo,

scusami e scusatemi tutti, non intendevo offendere nessuno, ma quando le discussioni prendono una piega particolare può succedere di sbagliare. L'ho fatto, sbagliando nell'esprimermi in un modo perentorio ma purtroppo sono un uomo e mi capita di dire fesserie e prendere degli abbagli! :cry:

Tra le altre cose ho sbagliato due volte poiché con una certa tranquillità ho riflettuto su quanto detto da Mars4ever e credo abbia ragione lui.

Sicuramente dubitare sempre delle proprie convinzioni è il modo migliore per evitare di commettere errori e sbagliare strada, oltre che per non perdere l'occasione di imparare qualcosa.

Spero che quanti siano stati eventualmente offesi dalle mie parole, accettino le scuse più sincere e considerino l'accaduto solamente un errore.

Paolo

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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 7:48 
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Iscritto il: domenica 23 aprile 2006, 22:02
Messaggi: 7738
Tipo di Astrofilo: Fotografo
cygnusxalfa ha scritto:
Spero che quanti siano stati eventualmente offesi dalle mie parole, accettino le scuse più sincere e considerino l'accaduto solamente un errore.

Quello che mi ha deluso (non offeso, deluso) è l'impeto con cui ci si è scagliati contro un evidente provocatore. Quello che mi ha deluso (non offeso, deluso) è constatare che si sia scritto un torrente di parole per invocare l'educazione e le buone maniere (giustamente), ma non si è avuta la voglia di provare a semplificare ed esemplificare questo concetto per renderlo comprensibile ai non plurilaureati in materie scientifiche come me. Io ho espresso i miei dubbi che non sono basati su ragionamenti matematici, ma sull'esperienza (se faccio una ripresa con un il mio MK-69 che è un 150 mm f/6 ho un'immagine più luminosa che non con il mio MCT-180 che è un 180 mm f/10). Galileo, il primo ad applicare il metodo scientifico, non se ne stava rinchiuso nella sua torre d'avorio a speculare sulle meccaniche celesti come i filosofi greci, ma usciva a "sporcarsi le mani" con le osservazioni e gli esperimenti. I modelli matematici, le leggi dell'ottica e della fisica, sono uno strumento per spiegare i fenomeni, non sono i fenomeni.

A questo punto faccio una cosa di cattivo gusto, mi autocito:

Cita:
Capisco che uno strumento di grande diametro raccolga più luce di uno di piccolo, ma so anche che non tutta la luce che entra nel mio telescopio finisce sul sensore: l'immagine proiettata sul piano focale deborda il CCD tanto più quanto minore è la lunghezza focale. Se raddoppio la lunghezza focale solo un quarto dell'immagine che prima colpiva il sensore ora resterà nei confini dello stesso, mentre il resto andrà perduto. Chiunque, per lavoro o per diletto, si occupi di fotografia sa che il tempo di esposizione dipende dalla sensibilità del sensore e dal rapporto focale e non dal diametro dell'obiettivo in modo indipendente.

Si è detto che le stelle sono una sorgente di luce puntiforme e per questo la loro immagine dovrebbe non rispondere alle regole della fotografia comune; a parte il fatto che la puntiformità stellare è forse un bel risultato da raggiungere, ma non ho mai avuto per le mani telescopi che impressionassero con la luce di una stella un solo pixel del CCD, e comunque anche ammettendo per ipotesi che il telescopio perfetto esistesse , allora saebbe possibile aumentare indefinitamente l'ingrandimento fino a vedere il disco delle stelle come si vede quello del Sole, con buona pace della supposta puntiformità.

Ora provo, ancora una volta, a chiedere dove sto sbagliando.


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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 8:06 
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 16:41
Messaggi: 23667
scusa ivaldo,
ma ero convinto di aver scritto qualcosa di comprensibile (ovviamente potrebbe essere tutto sbagliato :D ma, credo, comprensibile).
il discorso, come dicevo e confermava pure renzo (e, mi sembra, è d'accordo addirittura pure martepersempre), per esempio, è che non conta solo la quantità di energia raccolta ma anche in quanta parte del sensore viene poi concentrata.
è facile comprendere che se concentro una energia E in un 1cm quadro avrò bisogno di un certo tempo per ottenere X adu, se invece la stessa energia (data dallo stesso diametro, of course :D) la concentro in un metro quadro (ho solo aumentato la focale) allora avro' bisogno di un tempo nettamente più lungo per ottenere la stessa luminosità (e, questo, mi pare, sia in perfetto accordo con tutte le osservazioni pratiche).

per quanto riguarda il discorso "telescopio perfetto" e stella di un pixel, purtroppo non è "fisicamente possibile", a meno di non aver un bel pixellone grande grande :D
infatti a causa della natura ondulatoria della luce l'immagine di una sorgente puntiforme non è un punto ma un dischetto con degli anellini concentrici (vabbuo'... inutile creare suspence... parlo del disco di airy, ma tu lo sai meglio di me :D)

per quanto riguarda il troll, hai ragione, pero' a volte le balls girano un po' e la cosa che le fa girare di piu' è il fatto di doversi automoderare (per rispetto degli altri, per educazione, per non dargli troppa soddisfazione...) e non poter rispondere come si desidererebe veramente!

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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 8:38 
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Iscritto il: lunedì 1 maggio 2006, 16:52
Messaggi: 5512
Località: Savona
Tipo di Astrofilo: Fotografo
Aspettate, cercherò di spiegarvi quello che ho capito.
Poniamo di riprendere un oggetto esteso con un telescopio con diametro fissato, facciamo finta che esso occupi esattamente 100x100 pixel e che lo riprendiamo in 1 minuto.
Raddoppiamo la focale, bene raddoppiando la focale non facciamo altro che raddoppiare le dimensioni dell'oggetto nel sensore, l'area sarà 4 volte maggiore.
Sino a qui credo siamo tutti quanti daccordo.
Al che sappiamo che il numero di fotoni raccolti dipende esclusivamente dal diametro.
Quindi il numero di fotoni che arrivano dall'oggetto è sempre lo stesso.
Ma i fotoni si spandono su di una superficie 4 volte maggiore il che implica che il numero di fotoni per singolo pixel sarà diminuito di un fattore 4.
Da qui si ha la dipendenza quadratica.

Ora parliamo di oggetti puntiformi come le stelle.
Si ha che ingrandendo questi oggetti appaiono sempre puntiformi.
In fotografia invece appaiono di forma gaussiana, questa forma dipende dall'ottica, ma non dalla focale, infatti se noi la raddoppiamo essa occuperà più o meno le stesse dimensioni sul sensore, di conseguenza il tempo di acquisizione rimane più o meno lo stesso (a per lo meno dipende dalla qualità dell'ottica che si usa) ad esempio se usi una barlow monolente da 10 euro, magari il tempo di integrazione triplica addirittura.....
Ciò che è importante è che questo tempo non dipende più dalla focale, ma solo della "qualità" dell'ottica!
Spero di essere stato chiaro....

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Davide Ghiso
Meade Schmidt-Newton 6" (763mm F/5) - William Optics Zenithstar 66 ED - Eq6 skyscan Barlow 2x e 4x apo coma - Oculari meade superploss 26mm
Kellner 20 e 4 mm Ploss 10mm - Hiperion 8mm - Atik 383l+ monocromatic
filtri baader 36mm R,G,B,L,H-alpha - magzero mz_5 bn
Gruppo Astrofili Volontari Ingauni Albenga SV

Davide Ghiso
ma chi sarà mai questo Dario Fo!?


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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 14:21 
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Iscritto il: domenica 23 aprile 2006, 22:02
Messaggi: 7738
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tuvok ha scritto:
scusa ivaldo,
ma ero convinto di aver scritto qualcosa di comprensibile (ovviamente potrebbe essere tutto sbagliato :D ma, credo, comprensibile).

Quanto hai scritto tu, Antonio, era in effetti assolutamente comprensibile e corrisponde a quanto sapevo (o credevo di sapere) io. Il fatto è che persone che in altre occasioni hanno dimostrato sempre grande competenza mi pare dicano una cosa diversa da quella che diciamo io, tu, Renzo, Mars4ever ed altri. Anche Ghiso, se non ho mal compreso il suo ultimo intervento (nel quale devo dargli atto d'essersi sforzato di non usare lo slang fisicomatematichese) mi pare sostenga che nel caso delle stelle il senso comune non valga più, ovvero che il tempo di posa venga a variare in funzione del solo diametro e non del rapporto focale. Tutto ciò partendo da un presupposto (la supposta puntiformità della luce stellare) che, per quella che è la mia esperienza, non si verifica praticamente mai nella realtà. Di nuovo faccio appello a Daniele, Cygnus e Ghiso affinché vogliano chiarirmi qual'è il passaggio che non sto comprendendo.

GHISO983 ha scritto:
Ora parliamo di oggetti puntiformi come le stelle...

Secondo me l'inghippo sta qui. Le stelle sono forse considerate puntiformi per semplificazione, ma io non ho mai realizzato una ripresa ne ho mai visto la ripresa fatta da qualcun'altro in cui le stelle occupassero un solo pixel senza che neppure un fotone finisse nelle celle adiacenti del CCD. E se cade il presupposto della puntiformità (mi pare) caschino anche tutte le conseguenze del ragionamento.


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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 14:33 
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Messaggi: 16957
Località: Dove mi portano le stelle
Tipo di Astrofilo: Visualista e Fotografo
Forse posso cercare di interpretare il pensiero di Daniele sul fatto delle stelle puntiformi o meno.
Cerco di fare esempi e non usare formule per essere comprensibile
Cerchiamo di vedere a quali limiti di profondità posso arrivare con una posa di x minuti usando un telescopio a corta focale.
La corta focale fa sì che il disco di Airy, per le stelle deboli che sono quelle che sto cercando di estrarre, si concentri su un pixel solo o al massimo su una matrice 2x2
Ottengo un certo risultato che è funzione dell'apertura dello strumento (tralascio le dimensioni del sensore e l'efficienza del medesimo) e del tempo di esposizione.
Sotto lo stesso cielo prendo uno strumento con la medesima apertura ma con una focale maggiore, ma non tale da far sì che il disco di Airy si espanga troppo sul mio sensore. Cioè la luce che prima era raccolta da una matrice di 2x2 continuerà a essere raccolta dalla stessa matrice.
Ammettiamo che sia passato da un f/5 a un f/7,1
In teoria dovrei raddoppiare il tempo di posa ma poichè in ambedue i casi tutta la luce della stella debole che voglio riprendere è sempre stata intercettata solo da 4 pixel ecco che nel medesimo tempo avrò il medesimo risultato, alla faccia dell'incremento del rapporto focale.
Però sto parlando di un target ben preciso e fuori dal contesto degli altri soggetti presenti nella ripresa.
Se aumento l'apertura il flusso sarà maggiore e raggiungerò lo stesso livello in ADU in minor tempo.
Spero di aver chiarito il mistero.
Però, ripeto, è un caso limite.

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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 14:50 
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Iscritto il: martedì 9 maggio 2006, 23:43
Messaggi: 4101
Località: Padova
Tipo di Astrofilo: Visualista e Fotografo
Ci saranno diversi motivi per cui la luce di una stella si sparge su più di un pixel, anche se il disco di airy è molto più piccolo. In quella condizione sono convinto anch'io che variando la focale non cambi sensibilmente la luce. Però se fai i conti vedi che si fa presto a far sì che il disco di diffrazione diventi più grande, per esempio con pixel da 6 um basta f/10. Superata quella soglia critica, la luce della stella inizia realmente a spargersi in un'area maggiore per cui si comporta come un oggetto diffuso. Se così non fosse, io con la webcam e il tempo massimo di 1/5s potrei catturare stelle di mag 14 non solo al fuoco diretto, ma anche con 5, 10, 20, 100 metri di focale, senza limite! :lol:

Edit: Ho scritto prima di vedere il mess di Renzo. Tu hai spiegato quindi la mia prima riga e mezza, io dovrei aver completato il resto del puzzle.


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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 16:20 
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Iscritto il: lunedì 13 febbraio 2006, 18:13
Messaggi: 617
Tipo di Astrofilo: Fotografo
Per i fortunati possessori dello storico "L'astronomo dilettante" di Paolo Andrenelli, rimando a pag. 205, dove brevemente è spiegato il differente comportamento di sorgenti luminose estese e puntiformi, al variare del rapporto focale.

X Ghiso: ottima esposizione :wink:

Eros.


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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 17:05 
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Messaggi: 23667
vorrei tornare ancora una volta sulla questione "oggetti estesi".
diamo per scontata l'affermazione che su un singolo pixel avro' una "luminosità" proporzionale all'energia che lo coplsce.
consideriamo allora uno strumento di apertura D, per quanto detto più volte è ormai chiaro che l'energia (E) che esso raccoglie sarà proporzionale alla superficie dell'obiettivo e, quindi

E=k*D^2, k è una costante (1).

tale energia sarà "spalmata" in una area pari a S sul sensore.
ma come varia S con la lunghezza focale dell'obiettivo?
ovviamente se raddoppio F avro' raddoppiato gli ingrandimenti (nelle due direzioni) e pertanto avrò quadruplicato l'area S, se triplico F l'area S sarà 9 volte quella di partenza, posso dire, quindi che S cresce con il quadrato di F:

S=h*F^2, h è una costante (2).

abbiamo pero' detto che l'energia totale E si distribuisce sull'area S, percio' su un area unitaria (per esempio un pixel) l'energia (P) sara' data dall'energia totale E diviso l'area in cui è distribuita S:

P=E/S (3)

ma introducendo le (1) e (2) nella (3) si ottiene

P=(k*D^2)/(h*F^2)=j/f^2, dove f è il rapporto focale e j una nuova costante (4)

a questo punto dovrebbe essere evidente che la quantità di energia che colpisce il singolo pixel dipende unicamente dal rapporto focale f (dal suo quadrato piu' precisamente).
in realtà pero', la cosa che puo' ingannare è il fatto che in f sono nascosti, ovviamente F e D.
quindi se facciamo variare F e D in modo che il loro rapporto resti costante allora i tempi di posa non varieranno, viceversa nel caso contario.
e, riflettendoci bene, cio' non porta ad alcun paradosso :D


per quanto riguarda invece la questione "sorgente puntiforme" occorre ricordare che lil diametro del disco di airy è pari a 2.44*lambda*f (per esempio "appunti di pttica astronomica" di L. Ferrioli).
come si vede, anche in questo caso vale esattamente quanto detto sopra per oggetti estesi (e, cioè la dipendenza da f) :D

concludo riportando le parole del già citato Ferrioli :"a parità di apertura relativa qualsiasi strumento fornisce una macchia di diffrazione di dimensioni uguali"

è ovvio che se ci mettiamo in condizioni estreme in cui variando, per esempio, la focale, le dimensioni dei pixel sono così grandi da mantenere la stessa energia in uno stesso numero di pixel allora tutto il ragionamento va a farsi benedire... ma come dice Renzo stiamo parlando non piu' del caso generale ma di "un caso limite".

p.s. ho insistito nel voler mettere qualche formule perche' sono convinto che sia l'unico modo per chiarire per benino un concetto.

edit: ho scritto sto papiello con l'intento di esemplificare, spero di non aver ottenuto l'effetto inverso :D

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MessaggioInviato: mercoledì 23 luglio 2008, 17:12 
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eros ha scritto:
Per i fortunati possessori dello storico "L'astronomo dilettante" di Paolo Andrenelli, rimando a pag. 205, dove brevemente è spiegato il differente comportamento di sorgenti luminose estese e puntiformi, al variare del rapporto focale.

X Ghiso: ottima esposizione :wink:

Eros.

Mi sembra un dialogo tra sordi. L'esposizione di Ghiso è senz'altro ottima e l'ho compresa. Non sono tra i fortunati possessori del volume a cui ti riferisci quindi ne avrei apprezzato una sintesi di un paio di righe, ma tant'è. Ad ogni modo quello che mi lascia perplesso è che si continua a parlare di sorgente di luce puntiforme che casca in un unica cella del CCD. Ora questo a me non è mai successo, con nessuno strumento ottico io abbia mai avuto a disposizione. Di più, mi permetto di dubitare che sia successo ad altri astrofili: se succedesse a Renzo ad esempio, le sue stelle dovrebbero essere tutte rosse, o verdi o blù in quanto lui usa un sensore a colori e ogni singola cella del suo CMOS è sormontata da un filtro colorato. Se la luce delle stelle proiettata sul sensore fosse puntiforme allora potrebbe statisticamente cadere nello spazio cieco tra una cella e l'altra (in molti CCD amatoriali le aree cieche del CCD sono più grandi di quelle sensibili) e quindi una buona parte delle stelle dovrebbe sparire. Se una stella illuminasse anche solo 4 celle di un CCD allora la sua luce sarebbe nient'affatto puntiforme e, raddoppiando la lunghezza focale, arriverebbe ad illuminarne 4x4=16 con conseguente dispersione su più celle del flusso fotonico (e non considero le zone cieche del CCD). In sostanza allo stato mi pare che le possibilità siano due: o davvero non capisco più nulla oppure chi parla di cosa accade durante le riprese di oggetti puntiformi parla di una teoria che non è applicabile alla pratica, nella pratica le stelle non colpiscono una sola cella dei CCD e quindi sono anch'esse oggetti diffusi e come tali si comportano.

Resto sempre in attesa di chiarimenti.

Edit: Ho letto solo ora quanto ha scritto Tuvok. Per quanto mi riguarda avevo capito anche prima, solo che secondo me io e lui diciamo la stessa cosa. Chi vorrei che mi spiegasse è chi dice che conta solo il diametro e non la lunghezza focale per la determinazione del tempo di posa.


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