-Titolo: La segreta geometria del cosmo
-Autore: Jean-Pierre Luminet
-Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
-Anno di pubblicazione: 2004
-Prezzo: 32,00€ (visto a 27,50€ su librerie on-line),
-Formato: cartaceo, non ho trovato l'edizione italiana in vendita in formato digitale
-Pagine: 420
-Categoria: Cosmologia, forma dello spazio, topologia, divulgazione
A inizio agosto 2014, c'è stata una interessante sequenza di post iniziata da SkyW@lker con oggetto
"Qual'è la forma del nostro universo?". Volendo approfondire l’argomento, ho trovato questo libro che tratta molti degli argomenti discussi nel topic di agosto ed in altri topic di questa sezione del forum. L’ho letto e riletto con piacere trovando anche la risposte ad alcune questioni rimaste in sospeso nella discussione.
La prima frase del libro è sostanzialmente identica al topic "Quale è la forma dello spazio?", intendendo qui spazio fisico. Nel libro non c'è una risposta univoca a questa domanda. Sono invece esaminate le possibili forme che lo spazio fisico potrebbe avere, definite dalle loro proprietà quali curvatura, dinamica temporale, estensione e topologia. E’ dato anche ampio spazio alle osservazioni astronomiche che potrebbero portare a restringere l'insieme delle possibili forme. Inoltre ci sono molte notizie storiche condite da un pizzico di polemica che vuole evidenziare il punto di vista francofono su alcune vicende e l’inopportuno sensazionalismo che spesso colora alcune notizie circolate in materia di cosmologia.
In questo percorso si incontrano numerosi argomenti di fisica e matematica esposti in modo divulgativo nei loro elementi essenziali, senza richiedere conoscenze matematiche e di fisica avanzate. Alcune parti più complesse probabilmente richiedono la pazienza di rileggerle più volte.
Ciò che caratterizza maggiormente questo libro è l’avere trattato in modo esteso le diverse topologie dello spazio andando oltre quelle più semplici normalmente assunte, implicitamente o esplicitamente. Non manca comunque una efficace esposizioni della relatività generale e dei modelli cosmologici da essa derivati che mettono in relazione proprietà dello spazio come la curvatura e la dinamica temporale con la densità di materia e di energia. In queste due ultime grandezze hanno un ruolo rilevante la materia oscura e l'energia del vuoto, che sono trattate in due specifici capitoli di approfondimento.
In conclusione della postfazione l’autore afferma che la questione della forma dello spazio al momento della stesura dal testo (2004) era ancora aperta. Non so se ci siano state evoluzioni significative dopo di allora.
Il percorso mi è parso comunque affascinante, anche se alla fine si scoprisse che lo spazio fisico su scala cosmologica è il buon vecchio spazio euclideo nella sua topologia più semplice.
Per chi volesse qualche dettaglio in più sugli argomenti trattati nel libro, riporto una sintesi del contenuto per come l’ho capito ed i capitoli nei quali è trattato.
La relatività generale (introdotta nei cap.5, 6 e 7) sotto le ipotesi semplificative di omogeneità e isotropia dello spazio, ipotesi riscontrabili su scale di qualche centinaio di milioni di anni luce, ha consentito di sviluppare numerosi modelli (cap.9 e 35). Alcuni hanno ora solo un interesse storico essendo in disaccordo con le osservazioni sperimentali, altri mantengono la loro validità.
Questi modelli collegano (cap.10 e 11) la curvatura dello spazio, euclideo/sferico/iperbolico, e la sua dinamica temporale, espansione/contrazione/stazionaria, con la densità di materia ed energia. Qui hanno un ruolo essenziale la materia oscura e l’energia del vuoto. A questi due argomenti sono dedicati due specifici capitoli di approfondimento (cap.37 e 36), quest'ultimo tratta anche la relazione tra energia del vuoto e la costante cosmologica con interessanti informazioni storiche sull’evoluzione di questa idea.
Le proprietà locali dello spazio trattate dalla relatività, curvatura e dinamica temporale, non esauriscono le proprietà dello spazio (cap.15). L’altro elemento è la topologia (introdotta nel cap.12) che, tra l’altro, insieme con la curvatura determina l’estensione finita/infinita dello spazio.
A identiche proprietà geometriche locali possono corrispondere più topologie. Usualmente questo aspetto è ignorato poiché, implicitamente o non, si considera la topologia più semplice (monoconnessa). In questo caso è il tipo di curvatura che definisce se lo spazio è finito o infinito: spazio euclideo e iperbolico -> infinito; spazio sferico -> finito.
Per topologie più complesse (multiconnesse; cap.12,13 e 14) le cose si complicano. In particolare si apre la possibilità di spazi finiti e illimitati anche euclidei e iperbolici, curvature che oggi sembrano essere le candidate più comunemente accettate per lo spazio fisico (prima di leggere questo libro avrei pensato che dire finito e illimitato fosse una contraddizione).
Per visualizzare queste affermazioni dobbiamo ricorrere ad esempi bidimensionali (cap.13). In due dimensioni uno spazio monoconnesso è il piano ed esempi di multiconnesso sono la superficie di una ciambella o quella di un cilindro. Un test per distinguerli è quello del cappio. Se faccio un cappio con una corda appoggiata sulla superficie e provo a stringerlo, se lo spazio è monoconnesso, riesco sempre a stringerlo completamente, se è multiconnesso non sempre arrivo a stringerlo totalmente. La superficie di un cilindro di lunghezza infinita (intesa come spazio bidimensionale multiconesso) è localmente piatta (sulla superficie di un cilindro vale il teorema di Pitagora, la somma degli angoli interni di un triangolo è 180°, ecc.), ma almeno in una direzione è finita: ci si può allontanare da un punto fino a un massimo, andando oltre ci si avvicina nuovamente arrivando dalla direzione opposta dalla quale si era partiti. Nel libro l'esempio è completato arrivando a identificare una superficie piatta e finita (toro piatto).
E’ sconsigliabile da questo cercare di visualizzare i corrispondenti tridimensionali poiché il nostro cervello si rifiuta e rischiamo di prendere notevoli abbagli.
Questa divagazione sulla topologia degli spazi multiconnessi può sembrare un’inutile aggiunta di ipotesi che nulla hanno a che vedere con lo spazio fisico e in contradizione con il principio di semplicità che fa preferire le teorie con minori ipotesi.
Nel cap.22 l’autore evidenzia come questa apparente aggiunta di complessità potrebbe trasformarsi in una semplificazione o una necessità a causa delle criticità che possono sorgere nel considerare spazi fisici infiniti. Un esempio portato è la relazione con i modelli di universi scaturiti spontaneamente dalle fluttuazioni del vuoto quantistico che, nei loro attuali limiti di affidabilità, farebbero preferire gli spazi di volume minore. Tra gli spazi euclidei o iperbolici, che oggi sembrano essere i candidati comunemente accettati per lo spazio fisico, sarebbero preferiti quelli multiconnessi essendo gli unici spazi finiti con questo tipo di curvature.
L’avere introdotto nel ragionamento la topologia sarebbe senza effetti se non ci fosse la possibilità di falsificare o confermare le previsioni che si possono trarre assumendo diversi modelli per lo spazio fisico. Il libro dedica agli effetti osservabili dovuti alle topologie multiconnesse i capitoli dal 16 al 21 e nella postfazione riporta i programmi di osservazione in corso all’epoca della stesura del testo e il dibattito sui primi risultati. Queste osservazioni si basano sul fatto che in un universo multiconnesso una stessa sorgente ci apparirebbe in una molteplicità di immagini in diverse direzioni, sempre che lo spazio fisico fosse più piccolo dello spazio osservabile almeno nella direzione della sorgente (altra affermazione che prima della lettura di questo libro mi avrebbe fatto pensare a un errore di battitura) e che la sorgente fosse più vecchia del tempo necessario per percorrere i diversi cammini. Una sorgente di particolare interesse per questo scopo è la radiazione di fondo, in particolare le sue fluttuazioni (cap.21, 38 e postfazione).
In conclusione della postfazione l’autore afferma che la questione della forma dello spazio al momento della stesura dal testo (2004) era ancora aperta: c’erano stati gruppi di ricerca che dall’analisi delle fluttuazioni della radiazione di fondo escludevano la presenza di segni di uno spazio fisico multiconnesso, altri che dichiaravano di avere identificato alcuni di questi segni.