"La Luna mi ha quasi inghiottito"
Buzz Aldrin: lassù c’era un mondo alieno, dopo provai solo angoscia
Andare sulla Luna ha cambiato il mio posto nella storia. Sapevo che sarebbe stato significativo. Dopo il volo dell’Apollo 8 passarono un paio di settimane, poi venne fuori l’annuncio che Neil Armstrong, Mike Collins e io saremmo stati l’equipaggio a bordo dell’Apollo 11. E ci dissero che avremmo dovuto posarci là, se le due missioni successive fossero state un successo.
C’era ancora molta incertezza, ma ormai era chiaro che sarebbe toccato a noi. No, non penso che si possa dire che non avessimo paura. Sto rispondendo a questo interrogativo sulla paura adesso, mentre me ne sto seduto. E capisco che allora, forse, ero piuttosto ingenuo, non del tutto consapevole. Ma forse è stato meglio così. Ero abbastanza presente a me stesso per stare attento a quello che avrebbe potuto andare storto, ma non per condizionare le mie azioni. Vista l’importanza della missione, sapevamo di non volerci distrarre, rinunciando a spostare perfino un pizzico della nostra attenzione su qualcosa che non contribuisse al successo del viaggio, che era andare sulla Luna. Così abbiamo avuto tantissimo tempo per guardare fuori dai finestrini e per ripassare tutto ciò che avremmo dovuto pensare. Non eravamo un equipaggio particolarmente esuberante ed estroverso. E non c’erano nemmeno tante chiacchiere tra noi. Erano sempre dedicate a quello che stavamo facendo oppure a rispondere alle comunicazioni con la Terra. A bordo dell’astronave, probabilmente, c’erano molti strani momenti di calma.
Irreale come un sogno
Se qualcosa ci sorprese, è il fatto che niente riuscì a sorprenderci. Penso che ci fosse la percezione precisa di essere là per la prima volta. Ma non avrei mai potuto immaginare le scene che cominciai a vedere. Era qualcosa di reale, eppure mancava di una certa dose di realismo. Assomigliava molto a un sogno ed era come trovarsi in un mondo alieno. Ma emanava anche una grande serenità. Sapevamo dove eravamo e quello che stavamo facendo, ma fu ciò che vedemmo - penso - a ingolfare di più le nostre reazioni ed emozioni.
Sassolini e frammenti
Il cielo era nero, ma sembrava avere un’ombra di velluto, a causa della luce - credo - che colpiva il casco. Intorno c’erano tanti sassolini e frammenti di roccia, tutti mischiati in quella che si chiama regolite. Ci avevano detto che, probabilmente, sarebbe sprofondata, di 10-15-20-30 piedi prima di fermarsi sullo strato di roccia. C’era perfino qualche cervellone che pensava che ci potessero essere dei posti sulla Luna - e noi avremmo potuto scegliere proprio uno di quelli - dove saremmo stati inghiottiti nella polvere per almeno 50 piedi. Ma adesso non ricordo il nome di nessuno di quelli.
Le uova in faccia
Una delle nostre prime apparizioni fu a Milwaukee, dove ricevemmo la «Pierre Marquette Discovery Medal» dall’università. Mentre camminavamo, in giro c’erano molti studenti che protestavano. E quelli cominciarono a lanciarci uova. Rappresentavamo l’establishment e il successo dell’establishment nel raggiungere qualcosa, che non era del tipo che andava loro a genio. Ma mi colpì il fatto che perfino nella gloria della nostra prima apparizione degli studenti ci buttassero addosso le uova.
La mia vita spezzata
Ho dovuto chiedermi: che cosa posso fare da questo momento in poi? La mia vita familiare era finita in secondo piano. Mia madre si era suicidata meno di un anno prima il mio volo sulla Luna. Probabilmente non voleva affrontare la notorietà che le sarebbe caduta addosso con un figlio che era andato sulla Luna. C’erano anche altri motivi di infelicità nella sua vita, ma, comunque, esisteva una tendenza depressiva che scorre in tutti i componenti della mia famiglia.
Pensavo che anche il mio problema fosse quello di dover affrontare la depressione. E invece scoprii che non era quello il vero problema. Era qualcosa legato alla tendenza ereditata dai miei genitori ed era legato all’abuso di alcol. Quando si è stati sulla Luna, e dopo non si sa bene che cosa si dovrebbe fare, allora si diventa un candidato ideale. E se si sono ereditate quelle tendenze, ci sono molte possibilità che prendano il sopravvento. Cosa che successe. Allora mi sono concentrato su come migliorare i programmi spaziali e come sfruttare la creatività di cui avevo dato prova, quando al MIT di Boston avevo immaginato nuovi modi per poter realizzare i «Rendez-vous»: si dimostrarono realistici per servire da base di studio nel Programma Gemini e per essere poi adattati al Programma Apollo. E ancora oggi continuano a ispirare ciò che si fa nello spazio.
IL DOCUMENTARIO
Voci dal viaggio più lungo
La testimonianza di Buzz Aldrin e quella di altri 6 astronauti che sono scesi sulla Luna tra il ‘69 e il ‘72 è stata raccolta nel documentario di Jeffrey Roth «The Wonder of It All»: proiettato tre settimane fa al Kennedy Space Center in Florida per un pubblico selezionato di tecnici e scienziati, verrà presentato in una serie di eventi speciali in diversi Stati Usa: tra i prossimi appuntamenti, c’è quello del 13 luglio allo «US Rocket Center» di Huntsville, in Alabama, a cui parteciperà lo stesso Aldrin. «La Stampa» pubblica in esclusiva per l’Italia il suo racconto e nelle pagine centrali gli estratti più significativi delle interviste agli altri protagonisti delle missioni Apollo.
Buzz Aldrin
Chi è Aldrin Ingegnere e astronauta Ruolo: E’ Stato il pilota del Lem durante la missione dell’Apollo 11 e il secondo uomo a calpestare la luna dopo Neil Armstrong il 21 luglio 1969. Oggi è membro della National Space Society USA
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_________________ Cerchiamo di vivere in modo tale che quando moriremo perfino il becchino sia triste.
Mark Twain
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