yourockets ha scritto:
che mi sembra, francamente, una cattiva definizione. l'aggiunta darwiniana mi sembra superflua da molti punti di vista: la teoria di Darwin è, appunto, una teoria, la migliore di cui disponiamo finora, che ha subito, come è giusto e normale, numerose integrazioni (è nata prima della scoperta della genetica ... e, tra l'altro, se non ricordo male, non escludeva in assoluto la possibilità di trasmissione dei caratteri acquisiti - ho letto l'Origine una ventina d'anni fa e i miei ricordi potrebbero essere molto fallaci) e che, come è giusto e normale potrebbe essere superata.
Allora, no, Darwin non contemplava la trasmissibilità dei caratteri acquisiti (quello era Lamarck), ma le attuali scoperte di genetica molecolare le hanno fatte
'rientrare dalla finestra'. In buona sostanza, solo una minima frazione del nostro DNA è composto dai geni, che sintetizzano le proteine; la gran parte è materiale genetico che regola la funzionalità dei geni, e questo può essere alterato nel corso della vita dell'individuo, per adattarsi a situazioni contingenti, rendendo tali modifiche trasmissibili alle generazioni successive. Però parliamo di adattamenti minimi, non di mutazioni drastiche. Tutta la materia prende il nome di
epigenetica. Per contro, le mutazioni genetiche vantaggiose richiedono centinaia, se non migliaia, di generazioni per entrare a far parte in pianta stabile del patrimonio genetico di una specie.
E ancora, no, il modello evolutivo darwiniano può essere corretto, ma non stravolto, perché è semplicemente un meccanismo di causa-effetto di stampo galileiano. Se diamo le condizioni di partenza necessarie, l'esperimento darà i medesimi risultati. E la condizioni di partenza sono semplici: forme biochimiche autoreplicanti, energia e tempo a disposizione. La complessità è una proprietà emergente. Non importa se sulla Terra o chissà dove nell'Universo, se hai a disposizione un oceano pieno di molecole organiche in rimescolamento, e lo tieni a
'cuocere' alla radiazione solare abbastanza a lungo, ottieni lo sviluppo di molecole autoreplicanti. Da lì in poi è
'tutta discesa': chi si replica di più e meglio guadagna spazi, chi si replica meno sparisce. Le condizioni di contorno (gravità, disponibilità di habitat, densità e composizione atmosferica) definiranno il risultato finale, ma alcune ipotesi possiamo già farle.
La prima riguarda la presenza di indurimenti corporei. Se si generano all'esterno del corpo avrai esseri con un esoscheletro, che limita le dimensioni massime raggiungibili. Se si generano all'interno avrai dei vertebrati. Se non si generano avrai dei molluschi.
La seconda riguarda la mobilità, che è un presupposto per la ricerca di cibo e la predazione: in un habitat liquido saranno privilegiate le forme affusolate. Se disponi di un mondo marino (come la Terra alle origini) lo ritroverai popolato di pesci. I pesci hanno una forma definita dalla gravità. Sviluppano una coda, con finalità propulsive, e pinne ventrali, con finalità direzionali. Quando (e se) si rendono disponibili gli habitat terrestri (sui quali la vita non può svilupparsi, ma forme di vita complesse possono migrare), le quattro pinne ventrali, due anteriori e due posteriori, diventano quattro zampe. Questo è il motivo per cui tutti i vertebrati terrestri sono tetrapodi: i pesci da cui discendiamo avevano già, in nuce, quattro proto-zampe. Evidentemente non ne servivano sei, o averne sei era svantaggioso. I processi evolutivi non fanno sconti. Per questo non esistono uccelli quadrupedi, o centauri, o cavalli alati: la natura fa il possibile con quello che c'è, se vuoi essere troppo diverso non hai l'occasione di generare una prole in grado di sopravvivere. Se vuoi volare devi usare due dei quattro arti a disposizione, e una volta che li hai trasformati in ali non c'è verso di riavere indietro le zampe originarie. Non esistono uccelli quadrupedi.
Ora, questo è quello che è successo qui, sulla Terra. Può succedere qualcosa di diverso in altre condizioni, su altri mondi? Può succedere, ma devono crearsi le condizioni. Non sappiamo quali siano queste condizioni, ma sappiamo che qui non hanno funzionato, mentre invece si conoscono numerosi casi di evoluzione convergente. Quando gli animali terrestri, dotati di polmoni, si sono avventurati a riconquistare gli habitat liquidi, hanno assunto forme simili a quelle dei pesci. Gli ittiosauri del giurassico, discendenti di rettili adattati alla vita marina, hanno sviluppato forme del tutto analoghe a quelle dei moderni cetacei, perché di fatto una soluzione migliore non c'è.
Altra considerazione: i limiti del DNA.
"È interessante notare che tutte le specie di centopiedi presentano coppie di zampe solo in numero dispari" (
https://it.wikipedia.org/wiki/Scolopendra). Perché non esistono centopiedi con un numero di zampe pari? Darwin direbbe che se l'evoluzione non li ha premiati, non erano efficienti quanto quelli con numeri dispari (che pure hanno numeri molto diversi, si va dalle 15 coppie a 177). A me suggerisce l'idea che il DNA debba fare di necessità virtù, che non sia
'onnipotente'. O, meglio, che determinate soluzioni siano più
'robuste' di altre, meno complicate da realizzare, al punto da sbaragliare le altre opzioni.
È il motivo per cui abbiamo la simmetria bilaterale: una volta che il DNA ha le istruzioni per generare un organo, probabilmente è estremamente pratico ed economico usarle per crearne una copia speculare, anziché riscrivere tutto da capo. Ed è anche il motivo per cui abbiamo braccia e gambe molto simili: sono le stesse istruzioni declinate in maniere leggermente diverse.
Cita:
Penso sia possibile immaginare un sistema chimico autosostenibile e autoreplicante che non sia necessariamente legato all'ereditarietà e alla selezione naturale, difficile, ma non impossibile.
Immaginarlo non è difficile, lo è realizzarlo.
Anch'io posso immaginare un'automobile che, anziché fatta di pezzi meccanici, fabbricati singolarmente e pazientemente assiemati, appaia dal nulla allo schioccare delle dita. Posso immaginarla, ma se schiocco le dita non appare. Perché mancano i presupposti alla sua esistenza.
Cita:
(che poi se trovassimo qualcosa che non si autoreplica, ma è autosostenibile...che ha un metabolismo, ma non ha bisogno di riproduzione... un esemplare unico perchè no? magari in grado di muoversi fare delle scelte dotato di memoria... come lo definiremmo? )
Lo definiamo Dio, perché si origina dal nulla già fatto e perfetto.

P.s.: che palle, però. Scrivo sempre troppo...