Ciao Ivaldo,
mi fa molto piacere che tu abbia raccolto l'invito a 'spiare' CY Aqr, variabile di indubbio fascino e capace di far venire 'maggiori appetiti fotometrici'.
Mi trovo al momento lontano dal pc, da qui anche la mia impossibilità a poter guardare prima questo tuo lavoro, che reputo buono.
La fotometria, come ho imparato negli ultimi 10 anni, è una disciplina strana: intanto, conserva una certa imprevedibilità (riuscendo talvolta a farsi beffa delle pianificazioni più scrupolose), poi diventa via via più avara di progressi man mano che si pretende di più. Ma un buon inizio è sempre importante per lo slancio. Ed il tuo lo è (avendo scelto anche un buon oggetto di esordio).
La fotometria è un bizzarro miscuglio di 'arte' e scienza, al pari di altre attività compiute mediante camere CCD, di certo la più impietosa dinanzi a 'pasticci' di calibrazione.
Sono stati scritti centinaia di articoli per ciascuno degli aspetti che la riguardano: scelta dei tempi d'integrazione, selezione (cruciale in certi casi) delle stelle di riferimento, procedure di riduzione, software di riduzione (e i pacchetti commerciali spesso danno luogo ad effetti spuri), diametro dell'apertura di misurazione, approccio matematico alla misura... e altro ancora.
Fortunatamente, in molti casi le cose sono più semplici a farsi che a dirsi, altrimenti la vita sarebbe veramente dura.
In tanti anni di fotometria, la principale tecnica di indagine nella mia attività di astrofisico professionista, ho riflettuto su molti degli aspetti che leggo qui, talvolta giungendo a risultati definitivi, talvolta contraddittori.
A mio parere viene troppo spesso riservato alla precisione fotometrica un'importanza eccessiva. Non che non conti, sia chiaro: grossi errori di misura falsano o nascondono il significato astrofisico dell'osservazione stessa. Tuttavia, la precisione fotometrica va pesata alla pari di altre esigenze: l'effettiva necessità di quella precisione, la risoluzione temporale conseguente, i 'costi' di quella precisione. Va anche detto che un conto sono gli errori sistematici, un conto quelli casuali e ridurre questi a pochi millesimi senza preoccuparsi dei primi certo non giova alla pratica fotometrica.
Mi limito a commentare la questione della calibrazione. Personalmente, ritengo superfluo introdurre nella catena di processamento la calibrazione per il bias, se nella sottrazione della corrente termica sono stati utilizzati frame ottenuti nelle medesime considerazioni operative (integrazione e temperatura). Infatti, l'informazione sul bias è GIA' contenuta nei dark e non serve duplicarla (col rischio anche di introdurre altri rumori nel corso del più elaborato percorso di calibrazione). Diverso è il caso professionale dove, coi sensori in bagno di azoto, si può fare a meno della sottrazione del rumore termico, richiedendo così esplicitamente la rimozione del bias.
Quanto all'uso di filtri, sono generalmente contrario all'impiego di filtri qualunque. E' vero, certe volte occorre ridurre la luminosità della sorgente, ma impiegare un filtro solo perché 'denso' non è una pratica che condivido. Se in un gruppo tutti usassero filtri custom (in aggiunta a setup strumentali custom per antonomasia) mettere insieme - in una parola calibrare - i dati globali diventa alquanto snervante. Tanto che nei gruppi di maggiore impegno si richiede comunque che, se proprio filtro deve esserci, sia qualtomento un filtro FOTOMETRICO di Cousins o di Bessel.
Magari ne parleremo di più al mio rientro; intanto ribadisco volentieri la bontà di questo tuo risultato. Che sia il primo di tanti!
A presto,
Gianluca
PS: mi scuso per gli eventuali errori di battitura, ma scrivo da un terminale palmare.
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