tuvok ha scritto:
molto interessante però... io non sono certo un esperto anzi, però da quel poco che ricordo, un elemento essenziale nella teoria dell'evoluzione è anche il contesto, no?
le "nostre" 4 zampe o le 6 degli insetti, probabilmente, sono state la mutazione più efficace in un contesto in cui la densità del liquido iniziale è 1kg/lt e la pressione esterna è 1 Atm (per fare un esempio,, eh).
Magari in un ipotetico pianeta in cui non ci sono oceani di acqua ma di Mercurio liquido, sarebbe stato meglio avere 12 pinne.
Magari un ipotetico pianeta dovrebbe avere caratteristiche verosimili.
Ad esempio, rispettare quelle che sono le distribuzioni atomiche che osserviamo nell'attuale universo.
Stante che il mercurio ha un numero atomico molto superiore al ferro, sappiamo che può essere sintetizzato solo nelle esplosioni di supernova, quindi la presenza percentuale di atomi di mercurio sarà estremamente inferiore a quella degli altri atomi (quasi tutti...). Per immaginare la formazione di un
'oceano di mercurio' bisogna ipotizzare scenari decisamente catastrofici, ben più drammatici del semplice impatto con Theia, tali da rimuovere dalla superficie quasi tutti gli atomi più leggeri. In secondo ordine, i metalli più leggeri e di cui l'universo è più ricco (alluminio, ferro, piombo) galleggerebbero sulla superficie di questo oceano, rendendolo di fatto un oceano di profondità.
Ma immaginiamo pure che possa esistere. Di cosa dovrebbe essere fatto un ipotetico
'pesce' che nuoti in questo oceano? di metalli più pesanti, altrimenti ci camminerebbe sopra. Che chimica organica possono produrre metalli più pesanti del mercurio?
Ancora: cosa ci starebbe a fare una creatura in un mare di mercurio? Nei nostri mari i pesci mangiano e si riproducono. Mangiano altri pesci, che a loro volta mangiano altri organismi più piccoli, che a loro volta mangiano le alghe, che si nutrono di radiazione solare per mezzo della fotosintesi. Ma in un oceano di mercurio la fotosintesi, anche ammesso che un meccanismo analogo possa prodursi nei metalli, non può aver luogo, perché la superficie riflette la radiazione solare. Quindi quale meccanismo dissipativo possiamo immaginare, che sia in grado di alimentare la catena trofica? Senza le alghe di cui nutrirsi, non c'è vita animale (ad esclusione delle sorgenti termali oceaniche, che funzionano con meccanismi diversi... ma non producono
'pesci', solo strani vermoni semi-statici).
Cita:
Capisco perfettamente che la vita va cercata secondo quello che sappiamo ma mi resta un po' l'amaro in bocca, come se fosse una ricerca un po' troppo limitata.
In realtà va cercato tutto, ma per cominciare cerchiamo almeno quello che sappiamo per certo esistere.
Evitiamo di fare come nella barzelletta di Pierino, che cerca sotto il lampione la palla che ha perso nella stalla (perché sotto il lampione ci si vede e nella stalla no).
Cita:
Per esempio anche noi, fra qualche secolo, potremmo aver sconfitto un po' di malattie semplicemente sostituendo il nostro debole corpo con strutture artificiali... perchè una civiltà più avanzata della nostra non potrebbe averlo già fatto? e aver sostituito, per esempio, la chimica del C con quella dell'S?
Direi perché, a quanto ne so, non è possibile trapiantare una coscienza in un corpo meccanico. Al limite si può immaginare di
'leggere' una coscienza umana (e siamo molto, molto lontani dal pensare di poterlo fare in dettaglio) e trasferirla in un elaboratore in grado di simularla. Ma questo non significa che l'individuo originale non debba morire. Possiamo immaginare di riprogrammare i processi di invecchiamento dei nostri corpi per fare in modo di vivere un'eterna giovinezza, ma sul lungo periodo sopravviveremmo alla noia di provare e riprovare sempre le stesse identiche sensazioni? Certo, ci piacerebbe provare, ma non so quanto potrebbe funzionare.
Possiamo immaginare di dare vita a macchine senzienti, ma sarebbero in gradi di autoreplicarsi? I processi industriali che ci consentono di fabbricare automi complessi, attualmente basati sul lavoro di creature organiche altamente specializzate e già del loro autoreplicanti (noi) potrebbero essere integralmente sostituiti da processi autonomi? Un robot può essere in grado di fabbricare una copia di se stesso, partendo semplicemente da energia e materie prime disponibili nell'ambiente? Scavare rocce, estrarre metalli, fonderli, lavorarli, quando nella società attuale sono necessari migliaia, se non milioni, di umani per ottenere lo stesso risultato?
Ovviamente non ho risposte a queste domande, ma un discrimine me lo devo dare.
Sono stato anch'io appassionato di fantascienza, in passato. Ho letto i classici dell'età d'oro (Campbell, Brown, Pohl, Asimov). Poi, però, ho letto anche testi scientifici, ed ho realizzato che non tutto quello che la fantasia umana è in grado di immaginare può realmente esistere in realtà. J. W. Campbell Jr. immagina un'astronave aliena dotata di
'oblò fatti di luce condensata'... Un po' alla volta mi sono messo a smontare con basi scientifiche le
'invenzioni' degli scrittori di fantascienza, e in mano mi è rimasto molto poco, quasi nulla. A quel punto ho realizzato la differenza sostanziale tra realtà e narrazione, ho compreso il fascino della narrazione e le sue necessità antropologiche, ma anche la sua sostanziale distanza dalla realtà fattuale. In ultima istanza ho finito col separare il mio desiderio di indagare la realtà dall'aspettativa (umana) che la realtà stessa sia una realtà confortante, tale da assecondare i miei bisogni emotivi.
