Ciao a tutti,
sono fresco di ritorno da un soggiorno in Namibia per ammirare i gioielli del cielo australe, e volevo condividere brevemente con voi qualche emozione di questa mia avventura.
Siamo stati a Tivoli Farm in cinque: il sottoscritto, due forumisti che non hanno bisogno di presentazione (L. Comolli e M. Cardin, alias mars4ever) più altri due amici, Luigi Fontana e Giosuè Ghioldi: quattro incalliti astrofotografi più un visualista non da meno (Marco). L’artiglieria dispiegata era di tutto rispetto (Takahashi FS152, Pentax 75 più ottiche minori per un totale di otto reflex di cui cinque modificate!), e anche nel visuale ci siamo difesi bene (Noleggiati in loco Dobson da 50 cm e binocolone Fujinon 25x150).
Tralasciando i dettagli tecnici e i risultati, di cui sicuramente riceverete notizia nei prossimi tempi (con la dovuta calma necessaria a "digerire" l’enorme mole di dati raccolta), volevo soffermarmi sulle cose che mi hanno colpito più “a pelle”.
Innanzitutto, il posto, e la ricettività: il padrone di Tivoli Farm, Reinhold, mette a disposizione degli astrofili una macchina organizzativa efficientissima e una ricettività, sia dal punto di vista “alberghiero” sia da quello strumentale, davvero di prim’ordine. Tivoli non è l’unica “fattoria delle stelle” in Namibia, e il cielo è certamente buono uguale in tutti i siti, ma l’impressione ricavata almeno da me è che sia di gran lunga la migliore dal punto di vista logistico e comunque distante anni luce rispetto ai concorrenti.
Poi, il cielo (per inciso: 10 notti su 10 senza nemmeno una nuvola, con cieli sempre perfetti!), ma quello con la “C” maiuscola: quello che aspetti con ansia il crepuscolo della prima sera, e alla discesa della notte alzi gli occhi e, per la prima volta dopo quasi trent’anni, lo sguardo si smarrisce come se fossi ritornato alle mie prime osservazioni. Una miriade di stelle, brillanti e sconosciute, e l’emozione di vedere gioielli come il Centauro, la Croce del Sud e le Nubi di Magellano. Non sapendo da dove cominciare, in questa confusione con i ricordi ancora vivi e comunque difficilmente cancellabili, cerco di mettere un po’ in ordine elencando le cose che mi hanno colpito:
1) Il Cielo nero, con valori di SQM(-L) mai visti, quasi sempre sopra 22. Quello che colpisce, però, rispetto al nostro è il fatto che lì fa davvero buio, nero pece, fino all’ultimo lembo dell’orizzonte. Cosa che da noi non succede: lo zenit può essere molto buono, persino paragonabile a quello namibiano, ma sotto i 15-20° l’inquinamento luminoso rovina tutto. E non c’è posto che si salvi.
2) La luce zodiacale (la prima volta che l’ho vista pensavo fosse una cupola di inquinamento luminoso!!

) e la fascia zodiacale. Mi si dice anche il gegenschein ma io lì, sarò orbo, ho fatto una gran fatica a vederlo.
3) La maestosità e il fascino del nucleo della Via Lattea (Sagittario, Scorpione) che ti sovrasta allo zenit (in prima serata in questa stagione)
4) I gioielli del cielo australe invisibili dalle nostre latitudini: Le Nubi di Magellano (la grande in particolare, con la Nebulosa Tarantola), Eta Carinae, la Croce del Sud con il Sacco di Carbone, i globulari (due in particolare, Omega Centauri e 47 Tucanae, polverizzano i nostri vari M13 & Co), e alcuni ammassi aperti (in primis il bellissimo “Scrigno dei Gioielli”).
Insomma, tenendo conto anche dei maestosi ed infiniti paesaggi che abbiamo ammirato, è stato un successo su tutta la linea e a livello personale si tratta una delle più belle avventure della mia vita.
Si tratta di un’esperienza che, almeno vissuta intensamente e da astrofilo come è capitato a me, ridefinisce veramente gli standard e le esigenze di qualità. Ora con che spirito mi ripresenterò sulle Alpi o sugli Appennini, quando fino a poche settimane fa ringraziavo il cielo per un risicato (si fa per dire) 21.4-21.5 di SQM?
Il cielo stellato è davvero un patrimonio di tutti, dell’umanità, alla pari di tanti altri monumenti naturali o creati dall’uomo; anzi, forse uno dei più belli. Ed è per questo che secondo me la sua protezione sarebbe un dovere di tutti, ma proprio di TUTTI, e non solo di qualche donchisciottesco appassionato astrofilo che si aggira sperduto e magari anche infreddolito per ammirarlo. Fatte salve le differenze logistiche, climatiche e demografiche (facile avere poco IL in un Paese che ha 2 milioni di abitanti distribuiti su una superficie più che doppia rispetto all’Italia), dovremmo impegnarci tutti per proteggerlo.