Immaginiamo di tentare di dare una quantificazione alle cose...
Consideriamo (ipotetico, ovviamente) di avere a che fare con superfici ottiche di grande precisione e introduciamo il concetto di grado di precisione dell’ottica a riflessione come (quella rilevata misurando le maggiori deformazioni sul fronte d’onda dell’obbiettivo) in relazione alla lunghezza d’onda Lambda, nel campo del visibile, in cui la vista umana è maggiormente sensibile: Lambda = 560 nm (1 nm = 1/1000000 di mm). La regola di Rayleigh ci dice che: il massimo errore ammesso per ottenere una buona immagine di diffrazione è pari ad un quarto della lunghezza d’onda Lambda: Lambda/4 = 560/4 = 140 nm Misurare l’entità dei difetti dell’onda emergente dalla superficie riflettente significa rilevare frazioni di Lambda/4, precisamente difetti nel range ± Lambda/8 (560/8 = 70 nm) infatti la bontà di un’ottica non si misura tanto sulla sua superficie (valore RMS) ma, piuttosto sul fronte d’onda (P.V.) Lambda/8 = 560/8 = 70 nm Un’ottica riconosciuta di ottima qualità non fornisce mai 30 nm di errore massimo sul P.V. Tanto più sottile è lo specchio, tanto maggiore deve essere la cura nella realizzazione della cella in cui alloggerà. Prima degli esempi che seguiranno, utili per chiarire tale affermazione, dobbiamo fare una puntualizzazione: le flessioni di un disco vetroso sotto il proprio peso sono proporzionali al rapporto: R^4/e^2; ove R ed e, raggio e spessore dello specchio, rispettivamente. Facciamo il seguente esempio: specchio concavo in pyrex del diametro di 2R = 200 mm, spessore e = 30 mm e focale F = 1000 mm. Valore del rapporto R^4/e^2 = 1111 cm² (valore di uno specchio posato su tre punti di appoggio al 65% del raggio e orientato allo zenith). Tali condizioni come si traducono in termini di deformazione massima ammissibile, sul fronte d’onda Lambda Il programma PLOP ci viene in aiuto dicendoci inequivocabilmente, che il nostro specchio ha una deformazione a P.V. di solo 13 nm, che corrispondono a una deformazione dell’onda pari a: Lambda/N nel nostro esempio: Lambda/25 (13x2 = 26 nm, N = 560/26 = 25) Diremo quindi, che lo spessore minimo di uno specchio, orientato allo zenith, è quello a cui deve corrispondere una deformazione dell’onda pari a Lambda/N, ove N, per il nostro esempio è 25. Si possono anche accettare deformazioni leggermente superiori visto il basso valore di N. Secondo esempio: specchio in pyrex di diametro 2R = 300 mm, di spessore e = 60 mm e focale F 1500 mm. Valore del rapporto R^4/e^2 = 930 cm². Il rapporto trovato risponde pienamente al nostro criterio (valore ottimale 1000 cm², in cui le deformazioni sull’onda pari a N/25 sono molto contenute). Tuttavia, da sottolineare, che uno specchio avente tali dimensioni, possiede un peso rilevante. Nei due specchi presi in esempio i valori delle deformazioni sono molti vicini, oltre ad essere contenuti. Terzo esempio: specchio concavo in pyrex, di diametro 2R = 250 mm, di spessore e = 25 mm e focale F = 2125 mm. Valore del rapporto R^4/e^2 = 3120 cm². In questo caso possiamo dedurre che la deformazione dello specchio sotto il proprio peso è approssimativamente il triplo dei due esempi precedenti (circa 1000 cm² nei due casi da 200 e 300 mm di diametro). Ricordarsi che stiamo parlando di una cella di partenza per il calcolo, con 3 punti di appoggio al 65% del raggio dello specchio. Una cella per lo specchio con diametro di 250 mm, e con R^4/e^2 = 3120 cm², va progettata con estrema cura, con un numero minimo di nove appoggi, pena l’introduzione di errori sistematici sul fronte d’onda. La soluzione alternativa è quella di utilizzare specchi molto spessi, ma le esigenti richieste dell’astrofilo moderno, tra cui: la necessità di un rapido acclimatamento dello strumento, bassi pesi e maneggevolezza e non ultima e meno importante, riduzione delle spese economiche, spingono in direzioni diverse, vetri sottili. Infatti quando un produttore rimane su spessori elevati, è perché ha un progetto di cella ancora arcaico. Il breve excursus fin qui, sul comportamento dello specchio nella cella in cui è sistemato, ha il fine di evidenziare come l’esatta distribuzione delle forze è di rilevanza fondamentale, ma altresì, e questo PLOP non lo include, che la costruzione della meccanica concernente la cella deve essere estremamente adeguata, pena: pesi elevati, difficoltà di termostatazione del blocco metallo/vetro e difficoltà nel trasporto dello strumento. In fase di regolazione per il centraggio dello specchio dobbiamo evitare che forze temporanee o permanenti inducano tensioni sul piatto che sostiene il complesso vetro/bilancieri: le varie forze, a seguito della taratura, trasmetteranno sempre e comunque tensioni sulla nostra superficie riflettente, vanificando la ricercata precisione. Da qui, la necessità di approntare un progetto che preveda l’assenza di molle e del sistema antiquato, delle viti tira-spingi. Il piatto, in virtù di una costruzione molto precisa, ha sempre e comunque spostamenti lievi, di conseguenza un sistema di regolazione micrometrico e autobloccante permetterà una taratura estremamente precisa. Si capisce che ogni componente deve essere lavorato con adeguata precisione: il profilato, cioè la parte fissa, ha tolleranze di lavorazione ancora poco costose, di ±0.1 mm, mentre la parte mobile e di regolazione è costituita da metalli duri, appositamente trattati e rettificati, per non indurre flessioni indesiderate e/o impuntamenti imprevisti. In sede di progetto, un disegno oculato e ottimizzato, al fine di rispondere a tutte le richieste tecnologiche, per un’adeguata ricerca di alta performance permette altresì, una indiscussa diminuzione dei pesi della struttura, nonché una riduzione dei tempi di acclimatamento, ovvero maggiore velocità di termostatazione. Dalla teoria sopra esposta e dai risultati degli esempi illustrati ne deriva in modo inequivocabile, l’assioma: LEGGEREZZA = DIFFICOLTA’ COSTRUTTIVA = COSTI ELEVATI Un cenno ora, circa gli appoggi laterali, punto dolente per molti strumenti: lo specchio deve appoggiare sempre e comunque su ALMENO due sostegni, meglio sarebbe distribuire questo peso su un numero maggiore di sostegni, ad esempio tre. Per specchi di diametro superiore a 400 mm, il modello della cella astatica è l’unico proponibile nel caso di ottiche ben lavorate (ne sanno qualcosa i fruitori di dobson da 500 – 600 mm, in cui fenomeni di astigmatismo sono talvolta quasi insopportabili). In questo caso, la progettazione della cella richiede maggiore complessità, non necessariamente di difficile realizzazione, e a costi ragionevolmente poco discostanti da quelli ordinari. C’è da fare infine, una precisazione: gli elementi triangolari sottostanti lo specchio e che lo sostengono, non assumono esattamente la posizione originale prima dello spostamento del tubo, ma vengono lievemente spostati, con l’effetto di procurare astigmatismo (fenomeno d’isteresi).
Questo per capire come hai fatto a ottenere i risultati che mi dai con soli 3 punti di appoggio........ (mah! - però se ci riesci sei più bravo e quindi meglio così!)
da questa breve spiegazione si puo' andare avanti con i calcoli ricavati da PLOP. Tieni presente che il calcolo ad elementi finiti che hai fatto non è corretto e lo vedi dallo stralcio sopra. Avanzando con le simulazioni ci si rende conto di come sia complesso stabilire il numero dei punti di appoggio in funzione della posizione del vetro rispetto al centro di gravità delle masse. Ulteriormente possiamo poi parlare anche dei supporti laterali ancora piu' problematici dei punti di appoggio del piano (Dalio ha svolto accurati studi su questo argomento). Se lo desideri posso postare simulazioni con vari punti di appoggio in chi ti espongo le evidenze dei vari progetti, anche privatamente. Questo però quando avrò tempo, per oggi il mio è scaduto: troppo lavoro e devo concentrarmi su cose più importanti di queste scemate.
Paolo
sarei curioso di sapere come ha ottenuto quei valori con tre punti.........
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