Danilo Pivato ha scritto:
Credo che la cosa più semplice a questo punto, e che inviterei tutti a fare, è un piccolo
quanto semplice esercizio a conferma della difficoltà della percezione dei colori a basse
condizioni di luminosità.
E' un esperimento pratico che insegna a capire anche i propri limiti in funzione di determinate
basse luci.
...
Danilo Pivato
Eccomi qua, rientrato dopo lunga assenza per intervenire proprio in questa discussione.
Questa cosa che dice Danilo è uno degli esperimenti più semplici possibili per rendersi conto dei problemi di percezione del colore. E' stato già fatto in maniera scientifica. Eccolo:
JOEL POKORNY, MARGARET LUTZE, DINGCAI CAO, and ANDREW J. ZELE, The color of night: Surface color perception under dim illuminations, Visual Neuroscience ~2006!, 23, 525–530. DOI: 10.10170S0952523806233492
Questo studio spiega diverse cose. In particolare che al di sotto di un certo livello di illuminazione i colori sono inventati (e ogni persona se li inventa diversi, qualcuno grigi). Per inciso questa discussione l'ho fatta, insieme a Tommaso Dorigo avendo contro Salvatore Albano tre anni fa su Coelestis (e titanik si ricorda). Albano è quindi informato di quanto sto per spiegare e che è contenuto in quello studio sopra indicato.
Dopo quella vivacissima discussione, Daniele Gasparri scrisse il famoso articolo. In seguito ho ripetuto l'"esperienza" di questa discussione su Cloudy Nights (in più riprese) e mi sono anche fatto un'idea di come mai le persone che hanno visto i colori tendono a credere ai loro occhi nonostante sia possibile fare una serie di esperimenti che provano che si tratta di errori di percezione. Uno di questi esperimenti è suggerito da Danilo ma è stato fatto con tutto il rigore scientifico da Pokorny et. al nel lavoro che dico.
Mi rendo conto che l'accesso a Visual Neuroscience non è cosa che tutti possono avere con facilità (forse qualche studente universitario potrebbe andare nella biblioteca). Quindi mi accingo a spiegare il contenuto di questo articolo. Non posso ricopiare parti né ricopiare le interessantissime figure e tabelle perchè è protetto dal copyright. Posso solo "raccontarlo".
Questo studio si apre ricapitolando precedenti ricerche in relazione al cambiamento della percezione dei colori al ridursi della illuminazione. Ricapitolando: 1) ad alti livelli di illuminazione sono attivi i recettori noti come coni, che sono di tre tipi: S (short wavelength, ovvero sensibili al blu), M (mid wavelenghth, sensibili al verde), L (long wavelemgth, sensibili al rosso). Un quarto tipo di recettori, i bastoncelli, sono fuori gioco perché saturi. 2) a livelli luminosi inferiori i bastoncelli scendono sotto il livello di saturazione producono un segnale che interferisce con quello dei tre tipi di coni S, M, L. 3) a livelli ancora inferiori i coni S vanno "fuori servizio" e la visione dei colori "freddi" è mediata dai bastoncelli (che in un certo senso subentrano ai coni S), mentre i coni M ed L sono ancora attivi e producono una rudimentale percezione dei colori caldi. 4) diminuendo ancora il livello di illuminazione restano solo i bastoncelli.
L'articolo entra quindi nel vivo descrivendo la sperimentazione, simile concettualmente a quanto dice Danilo.
Sono stati preparati 24 cartoncini colorati (secondo una scala dell'Optical Society of America chiamata OSA-UCS). Si tratta di 8 diversi colori: porpora, blu, giallo, arancio, grigio, verde, rosa e rosso (ovviamente l'articolo descrive esattamente le caratteristiche di cromaticità di questi campioni. Per ogni colore esistevano tre diverse tonalità: chiaro, medio e scuro. I campioni sono stati disposti a mo' di tasselli di domino in modo che potessero essere riordinati. L'articolo descrive anche come è stata realizzata la illuminazione di intesità variabile, il tipo di lampada, la temperatura di colore ecc ecc. Gli spettri di ciascuno dei campioni, sotto ogni livello di illuminazione sono stati misurati per controllo e questi spettri coincidevano con piccoli errori con quelli che i campioni OASA-UCS avrebbero dovuto avere. In altre parole si è verificato che il colore dei campioni, illuminati, fosse proprio quello che avrebbe dovuto essere.
Tutti i campioni erano simultaneamente visibili, disposti in ordine casuale, al soggetto che faceva il test. Il test è stato ripetuto per diversi valori di illuminazione fra 10^1 a 10^-3.5 Lux (10-0.0003 Lux). 10 Lux corrispondono grossomodo a una illuminazione di 10 magnitudini per secondo d'arco quadrato (SQM=10), cioè una stanza bene illuminata. 1 Lux sono 12.5; 0.1 Lux sono 15 e così via fino a 0.001 Lux che sono 20 mpsas e 0.0003 Lux che sono 21.5.
Ogni volta la disposizione iniziale era casuale. Il soggetto veniva adattato al buio per il tempo necessario prima di iniziare il test. Il soggetto doveva raggruppare i campioni in colori uguali e definire il colore di ciascun gruppo (potendo usare il termine che riteneva più opportuno: per esempio giallo canarino).
Sono stati svolti anche degli esperimenti di controllo che non descrivo. I test sono stati ripetuti più volte anche allo stesso livello di illuminazione per verificare la ripetibilità dei giudizi.
L'articolo entra poi nel dettaglio della interpretazione fisiologica che tralascio e passo ai risultati.
I risultati sono presentati in forma di una grande tabella (che purtroppo non si può mostrare senza violare il copyright). La tabella mostra, per ciascuno dei 24 campioni, il colore che è stato indicato da diversi soggetti in funzione del livello di illuminazione.
- Con livelli di illuminazione superiori a 1 Lux (mag sup 12.5) tutti i soggetti individuavano tutti i campioni correttamente.
- Già con livelli di illuminazione appena inferiori (a partire da mag sup 14 e fino a circa 18) i campioni tendevano ad essere raggruppati in tre categorie: 1) rosso-arancio (individuati correttamente) 2) un generico blu, blu-verde, grigio o occasionalmente giallo per quasi tutti gli altri campioni; 3) nero o senza colore per il resto.
- A livelli di illuminazione sotto il 18, i campioni arancio e rosso diventavano "nero" per tutti i soggetti. Questo fatto è consistente con la interpretazione che a questo livello di illuminazione i coni M cessano di funzionare definitivamente e i bastoncelli sono ciechi al rosso. Gli altri campioni erano descritti con colori di tutti i tipi, ma non casuali. Il colore era legato alla relativa intensità scotopica dei campioni, invece che in relazione allo spettro. I campioni chiari erano definiti come colori freddi (blu-verde) e i campioni scuri definiti come colori caldi (rosso, rosa e via dicendo).
Riguardando la tabella per colore reale del campione si può verificare che i campioni arancio e rosso sono visti correttamente fino a circa mag superficiale 18. Dopodichè i coni non funzionano più e quei colori non sono visibili ai bastoncelli e si confondono con il nero.
Altri colori reali hanno sorte diversa. Per esempèio se si prendono in considerazione i tre campioni di grigio (chiaro medio e scuro), questi sono stati descritti come grigio da tutti i tester fino a circa mag sup 15. A livelli inferiori alcuni soggetti continuano a riportare il campione come grigio, mentre per altri il campione diventa blu, blu chiaro, blu verde e talvolta giallo. Oltre mag sup 18 Il campione che ha colore reale grigio diventa, per qualche soggetto, rosso o arancio, resta grigio o blu verde per gli altri.
Il porpora subisce un destino simile diventando in parte nero (i campioni porpora medio e scuro) e in parte verde o bluastro, per diventare rosso per qualche soggetto ai livelli di illuminazione più bassi.
Comportamenti bizzarri si osservano un po' per tutti i colori. Il Blu è quello che diventa per primo rosso già a partire da mag sup 18.
Va anche detto che questi errori di percezione del colore non sono gli stessi per tutte le persone. Le persone che hanno meno errori nel grigio (cioè che continuano a vedere il grigio come grigio) sono anche quelle che quando non vedono più i colori li definiscono grigi. Paradossalmente queste persone, che a una interpretazione superficiale dovrebbero essere quelle "meno dotate", sono in realtà quelle che fanno meno errori e quindi, in un certo senso, ci vedono meglio.
Al contrario ci sono anche persone che riportano una ricca varietà di colori, quando in realtà stanno osservando campioni che hanno tutt'altro colore.
In generale ai livelli di illuminazione più bassa non c'è alcuna correlazione fra i colori percepiti (quando ci sono) e quelli reali. Invece i colori percepiti hanno una buonissima correlazione con i livelli di luminanza relativa (il chiaro è verde e lo scuro rosato).
L'articolo riporta tutta un'altra serie di considerazioni su cui eventualmente sarà possibile ritornare.
Le conclusioni sono che ai livelli più bassi di illuminazione ci può essere (in alcuni soggetti) una variegata percezione di colori che nulla ha a che vedere con i colori reali. Altri soggetti sono più "stabili" e quando perdono i coni vedono grigio, in un certo senso in maniera più corretta.
Le conclusioni sono ovviamente molto più dettagliate di quanto qua esposto e sono in relazione anche a tutta una serie di altre considerazioni sulla fisiologia e sui processi cognitivi che non ho spiegato nel dettaglio.