Buonasera a tutti/e,
Sono stato un attimo vacante perché mi sono dovuto ospitalizzare per un piccolo — ancorché dolorosetto — intervento chirurgico. Come si capirà, non mi sono trovato nelle migliori condizioni per interloquire sul Forum... ma ho utilizzato il tempo di recupero dell'anestesia locale per cercare di rispondere alla questione di Alessandro.
E' lungo assai — il recupero non è stato breve — ma spero interessante e fruttuoso. Adesso sono finalmente tornato a casa e quindi lo posto.
king ha scritto:
Scusa se mi intrometto, Massimiliano, e ben lungi da me il voler fare conti in tasca... sembra che alla tua Refractorland di fondi non ne manchino, anche se è evidente che tu sei abbastanza bravo a scovare ottime occasioni.
Ecco, direi che si tratta più che altro di un utilizzo mirato delle risorse...

king ha scritto:
Perchè non piazzi in mezzo a codesta famiglia numerosa di superbe lenti anche un bello specchio da 40" in configurazione Dobson ? Sarebbe lì ad indicare il limite storico dimensionale dei rifrattori e farebbe da mamma a tutti quanti, oltre ad offrire magnifiche visioni degli oggetti del cielo profondo... giusto per variare un po'...
Sarebbe bello che a Refractorland il pezzo più grosso fosse proprio un "non rifrattore", insomma un po' come l'eccezione che conferma la regola.
Guarda, l'ipotesi di un dobson 40" — detti anche centounopuntosei centimetri di diametro, che Dio ti benedica...

— mi sembra davvero difficile da considerare.
Ma per risponderti con cognizione di causa, t'illustrerò perche l'ipotesi di un dobson anche solo (!) da 40 cm (non pollici!), che pure è stata ventilata alcune volte, è stata poi sempre messa da parte. Reiterando — questa volta in dettaglio — quanto detto più volte nei mesi scorsi, cerco di spiegarti il perché e il percome.
Dopo di che mi sa che contatterò il Muezzin della città che, intonando la medesima prece a mezzo di canti arabi affidati all'alba autunnale, potrebbe facilmente avere più pregnanza di me...
Ahimé sono anche consapevole che quanto sto per scrivere rischia di riaccendere polemiche di ogni tipo. Se non ci fossero sarebbe meglio per tutti. Ognuno, prima di polemizzare, è caldamente e simpaticamente invitato a riflettere: stiamo discutendo di questioni scientifiche in cui c'è poco spazio per sciarpe, stendardi, striscioni, tamburi e tifo da stadio. Spiego qui di seguito perché e percome, sulla base di formule e carta e matita e cognizioni ed esperienze, determinate scelte sono state fatte, si fanno e si faranno. Ognuno resta poi padronissimo di farne altre.
Bene. Tipica discussione serale da caminetto...
Diciamo che vogliamo mettere a Refractorland un bel dobson 16" f/...boh, 4.5? Mi pare che sia standard per un dobson di quel diametro. Potrebbe essere 4, potrebbe essere 5... in medio stat virtus.
OK. Ostruzione? Diciamo 20%. Mi pare che ultimamente ci sia questa moda delle ostruzioni "planetarie" nei dobson. Ho visto 18%, 20%, 22%... Prendiamo 20%, tanto stiamo lì.
Allora, dopo aver ammirato il bucone all'entrata del tubo, vediamo cosa effettivamente succede della "nostra" luce. Quantitativamente prima e qualitativamente poi.
Intanto, calcoliamo l'area di questo bello specchio da 16". Approssimo i millimetri. Tanto ci stanno talmente tante perdite in un telescopio che giocare con le cifre decimali serve a poco... Insomma abbiamo una bella area di 1256 centimetri quadrati.
Ottimo. Adesso vediamo che succede della luce in un dobson con questo specchio. Perché, non dimentichiamoci, un telescopio la luce la deve "trasmettere" (quindi non solo catturare ma anche focalizzare). E' un sistema di trasmissione e, per calcolarne l'efficienza quantica, va analizzato in tutti i suoi stadi e componenti... Cominciamo.
All'entrata abbiamo ostruzione del secondario e suoi sostegni. Poca roba, ma va sottratta. 8 centimetri di secondario. 50 cm2. Sciocchezze. Poi c'è il suo supporto e i sostegni. Vogliamo dire che contribuiscono di un altro dieci per cento del venti per cento? In effetti è di più: il problema non è tanto il 2% in più di otturazione, quanto la diffrazione che sparpaglia energia e abbassa il contrasto. Ma questo lo vedremo poi. Insomma, diciamo che per fare conto pari togliamo questi 56 cm2, così siamo a 1200.
Adesso c'è la (doppia) riflessione sul primario e sul secondario. Un'alluminatura di base trasmette un 88% appena depositatasi sullo specchio in camera sotto vuoto. Poi c'è l'azione dell'aria, della polvere, etc. Vogliamo mettere un 85%? Mi pare sia un valore abbastanza medio e pianamente accettato. Parlo ovviamente di uno specchio classe 2007, non di qualcosa alluminato dieci anni fa. Altrimenti sarebbe assai di meno...
Allora, riflessione sul primario...1200 * 0.85 = 1020. Riflessione sul secondario... 1020 * 0.85 = 867. Quindi, una volta la luce toccato il secondario, siamo arrivati a 867cm2. Teorici. E siamo ancora all'inizio.
Occupiamoci adesso delle superfici. Diciamo che siamo stati fortunati e quindi siamo capitati su uno specchio lambda/4. Sappiamo bene che nei dobson si trovano specchi peggiori. Ma noi siamo fortunati. Allora, lambda/4 — ossia "diffraction-limited" secondo il Criterio di Rayleigh; o, come amano dire alcuni Direttori Marketing, "limitato dalle sole leggi dell'ottica". Bene, come sappiamo — e secondo le leggi dell'ottica — un obiettivo lambda/4 ha uno Strehl di 0.8. Questo vuol dire che è in grado di focalizzare *al massimo* l'80% della radiazione luminosa che riceve. Ciò significa che quegli 867cm2 teorici, per il solo effetto di un primario lambda/4, sono diventati 867 * 0.8 = 693.6. Diciamo 693cm2.
Ah, ma c'è anche un'ostruzione da considerare. Minima ma c'è. Ed altera la figura di diffrazione di conseguenza. Rimaniamo sul calcolo di un'ostruzione del 20% in virtù della quale l'energia racchiusa all'interno della macchia del disco di Airy ammonta, di nuovo, al 76,4%. Il resto se ne va negli anelli, ossia è disturbo. Dimentichiamo (per ora) il disturbo e calcoliamo solo il segnale. Ecco quindi che la nostra superficie virtuale diventa 693 * 0.764 = 529 cm2.
Adesso il secondario. Siamo stati fortunati pure qui e quindi ci ritroviamo con un secondario lambda/4. Si badi, l'accoppiamento della figura delle due superfici è totalmente casuale. Normalmente peggiora i risultati ma, in via del tutto teorica, potrebbe migliorarli. Noi, per quieto vivere, scegliamo di rimanere flat. Quindi niente lambda/3 o lambda/5 effettivi, ma un bel lambda/4 tondo. Ed ecco che per focalizzazione di un secondario a Strehl 0.8, quei 529 cm2 diventano 529 * 0.8 = 423cm2.
Se qualcuno si è preso nel frattempo la briga di utilizzare la formula dell'area all'inverso, si sarà accorto che abbiamo adesso per le mani un captore teorico di (sqr(423/pi))*2 = 23.2cm di diametro... E scopriamo che il nostro bello specchio da 16", in effetti si comporta come un obiettivo perfetto da poco più di 9"... E non abbiamo fatto null'altro che considerare l'energia sottratta dal trattamento riflettente, dall'accuratezza della lavorazione, e dalla minima ostruzione, obliterando qualunque considerazione meccanica (da farsi, dato che tali specchi non sono sospesi nel vacuo universale). E allora cominciamo.
Prima ancora di arrivare al portaoculare, abbiamo a che fare con la collimazione. Con la collimazione di un dobson 400 f/4.5... che, come non sfugge ad alcuno, non è esattamente così agevole da raggiungere (e da mantenere) come quella di un rifrattore 200 f/20... Ma diciamo che ogni volta noi, certosini, tiriamo questo dobson a 400x e raggiungiamo una collimazione pressoché perfetta. E' virtualmente impossibile, ma noi diciamo di sì. Anzi, diciamo che per facilitare i calcoli, la perdita dovuta alla collimazione la stimiamo tale che invece di avere un obiettivo da 232mm (9.1"), abbiamo invece un bell'obiettivo da 228mm, ossia 9" tondi tondi. Me lo si si concederà, spero. Tanto non cambia il risultato finale....
Bene, quindi abbiamo a che fare con un captore di 9" otticamente perfetto. Ancora non abbiamo considerato questioni meccaniche. E — si badi bene — non stiamo parlando della risoluzione di un 9", ma semplicemente dell'efficienza quantica di un 9". Eravamo ottimisticamente partiti da 16"... e non abbiamo ancora finito.
Prima ancora di passare all'analisi "qualitativa" della luce, chiudo con almeno un'altra piccola riflessione. La fisica e l'ottica geometrica mantengono le stesse leggi non solo al variare di diversi principi di trasmissione fotonica (p.e. rifrazione e riflessione), ma anche — ci mancherebbe — al permanere di tali principi. Ci si può interrogare quindi di come sia possibile che strumenti a riflessione specializzati nella fotografia del profondo cielo — penso p.e. ai Ritchey-Chrétien — siano dotati di ostruzioni così importanti (dell'ordine del 40%, se non oltre) mentre degli strumenti a riflessione "specializzati" nell'osservazione di tale profondo cielo, si accontentino di ostruzioni ridicole che sono da sempre state calcolate per illuminare pienamento sì e no i 30 gradi di campo apparente di oculari planetari (casomai in passo 0.965") che vengono appunto utilizzati quando la sola e unica cosa che interessa sono le osservazioni perfettamente in asse... Si vede bene dove è il paradosso... Qualcuno si è mai preso la briga di calcolare quanta luce periferica di un primario da 406 f/4.5 viene persa e non trasmessa da un secondario da 80...? Qualcuno si è mai fatto il diagramma dei fasci ottici 1:1 ? E' mai possibile che la luce, essendo stata riflessa da un secondario da 80mm ed avendo poi attraversato i 200mm del raggio del primario, altri 20-30mm di un minimo di distanza fisiologica che ci deve essere tra il bordo del primario e il tubo (o traliccio che sia), e gli XYZmm di fuocheggiatore riesca ad illuminare pienamente il diaframma di campo di un oculare deep-sky da 50.8mm...?! O forse ci stiamo solo prendendo un po' in giro con questi secondarietti che diaframmano il primario ed illuminano uniformemente le nebulose solo al centro del campo...?!?!
Volutamente non calcolo la perdita, dal punto di vista della quantità di radiazione focalizzata, di tale "fine" accorgimento costruttivo. Ma mi pare il minimo far notare che una pellicola/CCD è sì implacabile, e quindi va perfettamente illuminata fino ai bordi (come accade in un Ritchey-Chrétien, in una FlatField-camera o, ovviamente, in qualunque rifrattore), ma l'occhio cieco non lo è nemmeno lui... e seppure notoriamente reagisce poco a differenze di illuminazione ≤ 1/3 di diaframma, non è che gli faccia poi tanto piacere osservare con un oculare largo tre dita che riceve illuminazione solo al centro. Perché, che lo si voglia o no, è questo quello che succede. Anche se ci si continua beatamente a raccontare altro.
Poi, consideriamo anche, sia detto per inciso, che con questa scelta costruttiva di un secondario minimo, ci siamo messi ad utilizzare le zone periferiche del secondario medesimo. Ed utilizzare le zone periferiche (di una lente, figuriamoci del secondario di un dobson) non è — me lo si concederà — una grande furbata costruttiva.
Anche qui la perdita non viene considerata. Non perché non ci sia, ma perché è variabile. Ma di certo non contribuisce NÉ alla quantità di luce trasmessa NÉ alla sua qualità.
Come si sa, in un Newton il secondario è uno specchio non simmetrico di forma ellittica. Una tale figura è ovviamente soggetta ad andamenti tutto fuorché lineari nella sua variazione di forma (che può avvenire per delta termici, tensioni, etc.). E' quindi buona norma di *sovradimensionare* tale specchio, appunto per tenere il fascio luminoso ben lontano da tali bordi. Quando nei riflettori planetari si calcolano secondari della grandezza di un'unghia — per diminuire l'ostruzione e quindi il rinforzo degli anelli secondari nella figura di Airy (il "rumore" di cui abbiamo deciso di non occuparci sopra; ma che, ovviamente, non scompare solo perché abbiamo deciso di ignorarlo) — questo sacrificio ottico *deve* essere controbilanciato con correzioni di figura non da paura, ma da vero e proprio terrore, e comunque per osservazioni compiute sempre solo e rigorosamente in asse. Ed operate — ma ancora non ne abbiamo parlato — con uno strumento a rapporto focale più lungo possibile; questo per non porre gli oculari sotto stress. Ma questa è alta risoluzione planetaria. Mentre qui ci occupiamo dell'opposto, dell'osservazione deep-sky.
Bene, anche qui, nonostante gli ingrandimenti siano meno spinti — salvo poi a decidersi di tirare e mettersi a fare planetario con un dobson — questa scelta di minimizzare il secondario ottiene il risultato di non alterare troppo la figura di diffrazione — ma in deep-sky ce ne dovrebbe davvero importare poco (l'ostruzione del R-C docet...) — determinando invece a) aberrazioni dovute all'utilizzo periferico di un secondario certo non eccelso e b) una disuniformità di illuminazione in quei begli ocularoni con 80-100 gradi di campo apparente. Campo che c'è ma è a) male illuminato in virtù di quanto appena detto e b) aberrato in gran parte, dato che gli oculari summenzionati lavorano con un cono di luce acutissimo ad f/4.5 (da cui l'introduzione di Paracorr et similia).
Di nuovo, le perdite di tutto ciò non vengono quantificate, ma ci sono. Se poi ci si ostina a non vederle, non vuol dire che si volatilizzino.
Allora, ci troviamo sempre con un obiettivo da 9" — non ho sottratto nulla di più — che però non è più tanto "ideale" visto e considerato quanto appena detto. E ciò è solo una parte delle cose che possono e devono essere considerate per calcolare la quantità di radiazione luminosa trasmessa dall'obiettivo. Senza intaccare ulteriormente la "quantità" — ma è un esercizio retorico: la quantità, seppur in misura minore ne verrà affetta... ma noi siamo buoni e la ignoriamo... — passiamo alla "qualità" della luce.
In tale strumento non-più-tanto-ideale da 9", bisogna ancora considerare *almeno*:
a. la maggior sensibilità alla turbolenza atmosferica in alta quota
a'. ovvimente maggiore in un 40 cm rispetto ad un 20;
a". ovviamente maggiore in un riflettore ostruito rispetto ad un rifrattore.
b. la maggiore sensibilità alla turbolenza locale
b'. data dal delta dermico di uno specchio da 40 cm che tende ad essere assai più elevato di un doppietto (o di uno specchio) da 20cm;
b". data dalla maggiore sensibilità dei raggi luminosi che in un riflettore percorrono più volte la turbolenza interna al tubo (facendosi tutta intera l'andata scorrendo rasenti alle pareti), rispetto al cono di luce che, in un rifrattore, percorre il tubo una e una sola sola volta staccandosi immediatamente dalle pareti ed andando giù indisturbato a cuneo verso il piano focale.
c. il contributo negativo del non perfetto annerimento e diaframmatura di un tubo dobson (quando non è un traliccio) che certo non contribuisce positivamente al contrasto generale dell'immagine.
c'. uno — ma solo uno — di questi esempi è che cosa succede del contrasto all'interno dell'oculare che è posizionato contro un secondario minimo di cui si vedono i supporti insieme alla parete posteriore del tubo (quando c'è — in un traliccio potrei vedere chissà cosa). Ponendo l'occhio nel portaoculare si vedono tutte queste cose? Bene, l'oculare le vede pure lui. E sono solo e sempre disturbo — sempre più elevato — che viene trasmesso fuso ad un segnale che si affievolisce sempre più...
Non vado oltre (ma la lista non si esaurisce qui) , avendo già parlato dei problemi degli oculari usati a f/4.5 — oculari che, per reggere tale stress devono essere realizzati con un numero elevato di lenti, a cui va forse aggiunto un ParaCorr o dispositivo equivalente... Vogliamo calcolarli gli assorbimenti di queste lenti...?! Che non sono fatte di ali d'angelo...?!
Sono tutti assorbimenti e disturbi secondari, ma ci sono tutti. E — come si sarà compreso — siamo ormai davanti ad una lunga catena di "assorbimenti", "perdite" e "disturbi" che abbiamo accademicamente deciso di *non* considerare, ma che fisicamente ci sono. E sottraggono luce, abbassano la risoluzione e riducono il contrasto dell'immagine. Che lo si consideri o no. Che lo si voglia o no...
Ritorniamo quindi alla questione dell'accuratezza di figura degli specchi.
E qui tiro un attimo di respiro e passo la parola:
«Probabilmente è poco noto che, per ottenere la stessa tolleranza, la superficie di uno specchio deve essere lavorata con una precisione 4 volte maggiore rispetto a quella richiesta alle 4 superfici di un doppietto. Il rapporto di errore tra specchi e lenti, a parità di tolleranza ammessa sulla curvatura, è di: 2/(n-1) [dove n è l'indice di rifrazione]. Poiché n vale circa 1.5, il risultato equivale approssimativamente a 4. Se, ad esempio, si desidera mantenere l'errore al massimo di 1/4 lambda (lambda = 5600 Å), cioè a 1400Å, per un doppietto il massimo scarto s di lavorazione dev'essere: s=1400/(n-1) = 2800Å. Cioè il difetto non deve superare lambda/2. Per uno specchio, al contrario, esso è dato da s=1400/2, perché la riflessione richiede un cammino doppio, durante il quale il difetto di lavorazione è incontrato sia durante l'andata che il ritorno. Quindi gli specchi devono essere lavorati con una tolleranza massima di lambda/8.
L'errore nel percorso ottico affligge negli specchi il rendimento del contrasto nella figura di diffrazione in ragione del quadrato dell'errore. I due fattori, combinati tra di loro, conducono ad un rapporto 16:1 in sfavore dell'obiettivo a specchio. Cioè, se da un riflettore si pretende non solo la stessa risoluzione, ma anche lo stesso grado di contrasto di un telescopio a lenti lavorato a lambda/2, occorre che la superficie sia lavorata con una tolleranza di lambda/32!» W. Ferreri, "Il libro dei telescopi", p.62, Ed. Il Castello, 1989
Queste cose, ovviamente, sono già state dette e ridette. Ma pare che vengano sempre lasciate nel dimenticatoio.
Allora, il nostro strumento non-più-tanto-ideale da (forse) 9" — a cui andrebbero sottratte *almeno* le perdite dovute a:
1. secondario non ottimizzato (a. perdita di luce e b. utillizzo della parte periferica del medesimo con peggioramento delle prestazioni),
2. maggior sensibilità alla turbolenza atmosferica in alta quota (a. sensibilità del diametro maggiore e b. ostruzione)
3. maggiore sensibilità alla turbolenza locale (a. delta termico maggiore e b. maggiore complessità del cammino ottico)
4. non perfetto annerimento (se non addirittura assenza di tubo)
5. non perfetta diaframmatura (quando c'è)
e per cui abbiamo dato per buono che sia perfettamente collimato — ha due specchi lavorati lambda/4.
Abbiamo appena visto che questo è equivalente ad avere la correzione di un rifrattore corretto a lambda 1 (!).
Ed il trasferimento di contrasto di un rifrattore corretto a lambda 4 (!!). Si badi bene, NON lambda/4 (detto anche 1/4 di lambda) ma proprio 4 volte lambda, ossia un rifrattore costruito appunto con 1/16 della precisione.
Bene, tutte queste cose continuiamo a non cifrarle, ma se vogliamo minimamente tenerle in onesta considerazione, forse qualcosina dall'efficienza quantica di quei 9" andrebbe tolta no...?!?! Forse qualcosina tanto, no...?!?!?!
Ma non lo faccio. Almeno non ora, lasciando a tutti la possibilità di farlo alla fine.
Quello che mi interessa adesso è passare rapidamente a considerare un rifrattore da 8" f/20. Rapidamente non perché la tiro via, ma perché ci vogliono effettivamente tre righe.
Facendo il calcolo dell'area si ottengono 323 cm2.
Pare piccolo vero? Quando si ha in mano la calcolatrice — e si calcola bonariamente l'area di un 16" in 1256 cm2 — pare anche ridicolo. Però abbiamo visto sopra come, in quattro mosse, quell'area sia passata da 1256 a... 423...!!! SOLO 100cm2 di differenza. Che, per carità, è l'area di una lente da 10cm, ossia sempre il 33% in più... NON PIU' il 400%, SOLO il 33%...MA... non abbiamo sottratto ancora — perché abbiamo deciso di non farlo, *non* perché non vada fatto — le perdite dovute *almeno* ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 appena sopra...
Bene, ma torniamo ai 323 cm2 teorici del rifrattore.
Questo strumento ha una correzione tale che il suo Strehl naviga ben al di là dello 0.80 del lambda/4. Stiamo intorno allo 0.99. Lo calcoliamo? Bene. Adesso la nostra area è di 323 * 0.99 = 320cm2. La perdita è tutta qua. Andiamo avanti. In uno strumento non ostruito, il disco centrale di Airy riceve l'83.8% e noi, come abbiamo fatto per il dobson, ne teniamo conto. 320 * 0.838 = 268 cm2. Adesso consideriamo il potere di trasmissione dell'obiettivo. Le quattro superfici aria-vetro di un doppietto trattato SMC, Broadband, etc. trasmettono il 97%. Quindi 268 * 0.97 = 260 cm2 che, se rifacciamo il calcolo dell'area all'inverso, ci ridanno 182mm. Abbiamo quindi lasciato sul terreno della perfezione 2 (due) centimetri tondi rispetto al valore di partenza di 203mm.
Pare davvero poca cosa rispetto ai 18 (diciotto) centimetri che ci siamo persi per strada col dobson da 16", no...?!?!
E — ripeto fino alla noia — sul dobson non abbiamo ancora applicato le perdite di cui ai punti 1, 2, 3, 4, 5 (ed altre).
Piccola parentesi per parlare dell'effettiva trasmissione del Leviatano. Per massimizzare il contrasto e ridurre al minimo la possibilità d'inficiare la figura — che è corretta assai — il Leviatano è trattato MgF2. Un bello strato singolo su ogni superficie. Ne avevamo già accennato in altra sede. Lo menziono qui semplicemente perché ha una trasmissione diversa rispetto al SMC/Broadband et similia. Qui è stata quindi fatta una scelta prettamente planetaria e — vedi un po' — controcorrente e fuori moda per amore della precisione e non del marketing. Ne possiamo parlare, se e quando qualcuno vuole. Ma ora occupiamoci piuttosto di quanto abbiamo perso in termini di trasmissione utilizzando un monostrato invece degli ultimi avanzamenti (o presunti tali) della tecnologia.
Allora, un doppietto trattato monostrato MgF2 trasmette esattamente il 93.2% della radiazione incidente. Ben il 4,8% in meno (!) rispetto ai trattamenti di grido...! Sopravviverò...?!?! Io penso proprio di sì. Comunque è così. Andiamo a calcolare. 268 * 0.932 = 250cm2. Applicando la formula inversa dell'area siamo a 178mm. Ho quindi lasciato 4mm di diametro sull'altare del contrasto e della precisione d'onda. Per me ne valeva assai la pena. Lo strumento è mio e quindi amen.
E adesso tiriamo le somme. Ci troviamo con due rifrattori "ideali", uno da 182mm e uno da 178mm di diametro. Teniamo il mio visto che stiamo parlando di Refractorland. Come mai li chiamo "ideali" ? Perché la festa è finita. E' tutto qua. Una volta che ho calcolato queste tre dispersioni, ho annerito col flat-black (o col velluto) l'interno del tubo e ci ho messo da uno a tre diaframmi — ce ne posso mettere anche 99, e anche nessuno, su un f/20. Ma uno è OK. Tre sono la fine del mondo (tanto ci sono i diaframmi multipli del fuocheggiatore ed un cono di luce che ci arriva bello dolce e controllato), e una volta l'obiettivo collimato — e a f/20 posso anche stare alla terza bottiglia di champagne e la collimazione la trovo — la festa è appunto finita. Il sistema optomeccanico è perfettamente ottimizzato. Raggiunto l'equilibrio termico — che non è mai stato un problema cruciale nei rifrattori, tantomeno se doppietti spaziati aria — non c'è nient'altro che devo calcolare. Ovviamente qui, come nel caso del dobson, si assume che si sia costruito un tubo che non flette...
Quindi, alla fine di tutto questo bailamme, mi trovo con un rifrattore "ideale" di 178mm di diametro (7") e un riflettore "non-proprio-ideale" di 9" (a cui — non lo si dimentichi mai, lo ripeterò fino alla noia — non abbiamo sottratto ancora (perché abbiamo accademicamente deciso di non farlo, non perché non vada fisicamente fatto) le perdite dovute *almeno* ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 appena sopra.
E passiamo alle correzioni.
Il riflettore, come abbiamo visto, siamo stati fortunati e l'abbiamo trovato lambda/4.
Il rifrattore lo diciamo corretto a lambda/8 (il Leviatano è più corretto. Ma va bene anche così, ché tanto ce n'è in abbondanza e spero che le idee si stiano chiarendo una volta per tutte).
Bene. Per le leggi d'ottica che Ferreri ricordava poc'anzi vuol dire che abbiamo uno strumento da 7" che è non una, né due, né tre, né quattro, né cinque, né sei, né sette ma OTTO VOLTE più corretto dell'altro strumento da (forse) 9". Questo per quanto riguarda l'accuratezza di superficie. Per quanto riguarda invece il trasferimento del contrasto le cose vanno su al quadrato. Quindi, per poter avere la stessa identica resa di quella lente da 7", lo specchio da (forse) 9" dovrebbe essere lavorato a lambda/132 (dicasi "centotrentadue"; e parliamo sia del primario che del secondario, ovviamente) e non lambda/4. E quindi, siccome è lambda/4 risulta corretto TRENTATRE VOLTE di meno.
Adesso, guardiamoci tutti negli occhi: se uno mi dice che ho davanti due RIFRATTORI, uno da 7" e un altro da (forse) 9", e che il 7" è corretto 33 volte di più (o il 9" è corretto 33 volte di meno, che è la stessa cosa) ma secondo voi io, pianeti a parte dove la questione non si pone nemmeno, ma una nebulosa con quale dei due me la metto ad osservare...?!?!?! Non mi pare ci sia da pensarci un attimo vero...?!?! E infatti è così. E' proprio così.
Ma il bello è che non è ancora finita. Perché precisamente sul profondo cielo posso sfruttare una caratteristica fondamentale dei rifrattori (la non-ostruzione) che mi permette di scendere con gli ingrandimenti quanto voglio senza che l'ostruzione del secondario s'ingigantisca diventando visibile e oscurando l'iride.
Spero questo fenomeno sia noto a tutti. Se così non fosse basta prendere un bell'oculare a basso ingrandimento e metterlo dietro al dobson arrivando fino a pupilla d'uscita 7 e andando oltre. Qualcuno con un bel dobson vuole essere così gentile da condividere qual è l'oculare minimo sotto il quale l'ombra del secondario è talmente invasiva da rendere problematica se non impossibile la visione? Con un 16" f/4.5 (efficienza *meno di* 9", come abbiamo visto) il 41mm Panoptic dà 44x con una p.u. di 9.1 mm. Il 55 Plossl dà 33x con p.u. 12.2. Qualcuno vuole essere così cortese da raccontare l'esperienza osservativa?
Col Leviatano (efficienza 7", come abbiamo visto) si può utilizzare tranquillamente un 113 Plossl (che ho, o un 160 Huygens, per citare un oculare Zeiss che conosco) ottenendo 36x (e 25x). Montandoli in un barilotto da 4" si ottengono 1.44 gradi di campo. Esattamente come col 41 Panoptic nel dobson. Ma con un campo perfettamente piano, perfettamente illuminato, con stelle puntiformi fino ai bordi e nessuna macchia nera che ballonzola nell'oculare appena vado un pelo fuori asse... e con tanto tanto tanto tanto contrasto in più. Quel famoso fondo cielo nero nero nero che tutti quelli che usano i rifrattori menzionano e che permette di "staccare" gli oggetti deboli permettendone una migliore visibilità.
E' tutta una questione di rapporto segnale/disturbo. La questione non è solo quanto sia più brillante l'oggetto che vedo — e abbiamo appena visto che sì sarebbe un po' più brillante, ma neanche tanto (...certo non il 400% che si sbandiera ma al più forse un 20-25%...) — ma quanto stacco di contrasto ci sia col fondo. Trivialmente — non sono questi i numeri, ma è per esemplificare — se ho un segnale 5 con disturbo 1 e un segnale 8 con disturbo 5, hai voglia a dire che 8 è più di 5... il segnale pulito che arriva è maggiore nel primo caso. Ancora più iperbolicamente, una voce bassa (o anche mormorata) nel silenzio di una stanza è molto più udibile e porta molta più informazione di qualcuno che tenta di urlarmi in faccia seduto dall'altra parte del tavolo di un ristorante affollato e chiassoso. Le molte esperienze visive di utilizzatori di APO da 4" che confrontano favorevolmente alcune visioni di profondo cielo rispetto a quanto permette loro di vedere uno SCT da 8" parlano proprio di questo fenomeno. Si tratta — sia detto per inciso — dello stesso rapporto di diametri che c'è tra il Leviatano e il dobson 16"... E con la turbolenza atmosferica che tende a limitare ed inficiare sempre più i diametri oltre i 20-25 cm. Si è già parlato di celle atmosferiche altrove...
Allora, in conclusione, lasciato da parte il planetario, dietro quale di questi due famosi strumenti si metterebbe l'occhio per fare cielo profondo...?! Quel 7" o quel (forse) 9"...?!
Questa è — tenuto tutto in dovuto conto — la domanda che ci siamo fatti più volte a Refractorland. Ed è per questo che il dobson da 40 (cm) non è mai stato scelto.
Tali considerazioni valgono pare-pare per un dobson da 40 pollici (102 cm), strumento difficilissimo da gestire e che verrebbe presumibilmente a costare più che rimettere in auge il 40 cm Zeiss di Castel Gandolfo, di fronte a cui — per tutte le ragioni di cui sopra, ed altre ancora — ai miei occhi, sfigurerebbe.
Ecco, siamo — finalmente! mi si dirà (e lo dico pure io

) — alla fine.
Buona serata e buone osservazioni tutti.
Massimiliano
PS/ A margine, rivengo all'utilizzo mirato delle risorse, e lo faccio perché hai suggerito il dobson da 102 come una sorta di logica gemmazione dal Leviatano.
E' un segreto di Pulcinella visto che chiunque — un po' smaliziato e al corrente del lavoro che c'è sopra — potrebbe figurarselo da solo, ma il Leviatano costa quanto un Obsession di media grandezza e senz'altro di meno di alcuni SCT commerciali che ci si può andare a comprare in negozio con una carta di credito molto ben paffuta. E' frutto di studio, scelte accurate, e ottimizzazioni pazienti. Certo non di un crasso assegnone staccato per portarsi a casa un cosone grosso e lungo con cui farsi belli.