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MessaggioInviato: lunedì 8 maggio 2006, 10:06 
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 15:35
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Christian Cernuschi ha scritto:
Renzo_Del_Rosso ha scritto:
Ma anche in condizioni non ottimali difficilmente lo strumento grosso (a parità di ingrandimenti) perderà nei confronti di quello piccolo, parlando ovviamente di strumenti con ottiche e schemi comparabili.



non sono completamente d'accordo Renzo.
Non ho al momento motivazioni tecniche a sufficienza.
Vedro' di documentarmi per bene prima di risponderti a casaccio :D

CIao

Resto in attesa. :)

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MessaggioInviato: lunedì 8 maggio 2006, 10:09 
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Enobarbo ha scritto:
Ciao
molto interessante la tua spiegazione, come si misura il metodo del FWHM?


Qui ti può aiutare meglio qualche astroimager, comunque si tratta di riprendere una stella con un ccd. La distribuzione di luce ha una forma gaussiana (è una campana). L'ampiezza di questa campana a metà della sua altezza è il FWHM.

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MessaggioInviato: lunedì 8 maggio 2006, 10:16 
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 15:55
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nel frattempo posto questo articoletto trovato che sembra ben fatto

http://www.uriland.it/astronomia/articl ... eeing.html

dal quale rapisco questa immagine

Immagine

Fatico a trovare una spiegazione scientifica... le mie considerazioni derivano solo da un intuizione che ho avuto modo di constatare in questi mesi con il mio piccolo 10cm.

A parità di ingrandimenti comunque lo specchio grosso intercetterà "+ aria turbolenta" di uno piccolo.
Mentre lo strumento piccolo potrà avvicinarsi al proprio potere di separazione teorico X,lo strumento grosso essendo influenzato da molta + aria turbolenta... non solo non potrà avvicinarsi al proprio limite Y ma neppure a quello del piccolo strumento (limite X).

Questa e' a livello intuitivo..
A livello pratico ho notato che in una serata veramente scarsa il C8 era inutilizzabile sulla luna... mentre il 10cm era + utilizzabile perche' l'aria turbolenta la vedevo come delle "lente mareggiate" ma ad ogni modo erano visibili molti + dettagli.

Come ho detto prima per poter arrivare al limite teorico X lo strumento grande dovrebbe essere diaframmato.

Scusami per la spiegazione veramente poco scientifica... :lol:

Ciao


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MessaggioInviato: lunedì 8 maggio 2006, 10:38 
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 15:35
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Tipo di Astrofilo: Visualista e Fotografo
Più o meno confermi quanto dico io.
Le cosiddette "celle" convettive.
Se il seeing è particolarmente disturbato queste celle avranno dimensioni molto piccole ma in condizioni di seeing abbastanza normali la zona intercettata da un 20 cm non sarà molto diversa da quella di un 10 cm per cui la differenza la faranno gli ingrandimenti.
Se invece si lavora con un 40 cm o più la necessità di diaframmare sarà molto più spinta.
Ricorda comunque che l'incisione visiva varia anche in base allo schema ottico che usi. Per cui il raffronto fra un apo da 10 cm e uno sc diaframmato è ugualmente improponibile a causa della maggiore definizione intrinseca nello schema ottico dell'apo.
Infatti io parlavo di raffronti fra strumenti comparabili fra loro.

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MessaggioInviato: lunedì 8 maggio 2006, 10:49 
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Iscritto il: mercoledì 8 febbraio 2006, 15:55
Messaggi: 10275
Località: Salento
bhe ma quindi siamo d'accordo? :lol:

Ad ogni modo io non parlo di un 40cm...
il mio onesto c8 in buona parte delle serate rende meno del mio piccolo semi-apo.E' evidente che osservare tra i tetti milanesi non e' d'aiuto.

Parlando di Giove e' per me impossibile osservarlo pure con 10 cm!!! La sua declinazione e' veramente troppo bassa...

Ciao


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MessaggioInviato: martedì 9 maggio 2006, 9:58 
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Iscritto il: domenica 26 febbraio 2006, 11:04
Messaggi: 10072
Località: Caserta (N:41° E:14°)
Tipo di Astrofilo: Fotografo
Ho seguito con interesse la discussione e concordo con Renzo per la spiegazione e quindi di riflesso anche con Christian. Che ne dite se mettiamo su una sorta di test con un protocollo ben preciso in modo da definire per le varie ottiche uno standard da usare in caso di seeing pessimo distinguendo tra il visuale e l'acquisizione?

Io vi riporto una mia esperienza per cui sarebbe interessante trovare un protocollo da seguire, mettendo da parte un po i teoricismi.
In pratica (e qui qualcuno potrebbe anche dire che ho scoperto l'acqua calda), in più serate mi sono accorto che se vado in visuale a medi ingrandimenti (strumento mai diaframmato) riconosco dei momenti che durano anche una 10ina di secondi e che poi si ripetono più o meno ciclicamente durante l'osservazione in cui la visione è proprio chiara.
Lo stesso fenomeno l'ho riscontrato ultimamente in ripresa, su Giove in particolare, dove sto cercando di capire come ottenere il massimo.
Possiamo parlare di esperienze in merito?

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Il mio blog: https://www.astroimaging.it


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