Come è già stato detto quì negli interventi precedenti, La velocità di acclimatazione dipende sia dalla forma del tubo del telescopio se chiuso o aperto, che dalla massa del vetro dell'obiettivo, che essendo il vetro sempre cattivo conduttore del calore, più è grande e in spessore, e più richiede tempo, specie in un tubo chiuso.
In genere si risolve abbastanza bene tenendo all'aperto il tubo del telescopio un certo tempo prima di osservare.
Dopo un poco di esposizione alla temperatura ambiente del telescopio,
si ha modo comunque di verificare l'avvicinarsi della acclimatazione, guardando a forte ingrandimento una stella di mezza grandezza, sfocandola leggermente in
intrafocale.
Con quel sistema, se l'acclimatazione fosse "vicina", si potrebbero già vedere gli anelli concentrici chiari e scuri che stanno appena fuori della tacca di diffrazione...Anelli magari ondulanti, ma comunque già ben riconoscibili, anche se a tratti rotti dal ribollire residuo della immagine.
In quella posizione intrafuoco la turbolenza più direttamente disturbante è quella presente dentro il tubo ottico; Mentre viceversa sfocando leggermente in extrafocale diviene prevalentemente visibile l'effetto della turbolenza atmosferica (seeing). E quindi esattamente al fuoco sono presenti tutte e due le turbolenze che si disturbano a vicenda (quella della acclimatazione controllabile, e quella atmosferica solo migliorabile con la scelta di un posto erboso).
Chi desiderasse approfondire l'argomento (o imparare a governare le osservazioni ad altissimo ingrandimento realizzabili solo con grandi riflettori...seeing atmosferico permettendo) può leggere l'articolo seguente riguardante le mie rilevazioni in grafici, del comportamento del mio dobson 36O F5 , con specchio di soli 3cm di spessore, in alcune serate tipiche di osservazione, con calo normale della temperatura notturna.
https://www.grattavetro.it/acclimatazio ... possibili/
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